Droga dalla Colombia all’Italia, agli incontri ad Altopascio anche il sicario di Pablo Escobar

26 febbraio 2022 | 14:36
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Droga dalla Colombia all’Italia, agli incontri ad Altopascio anche il sicario di Pablo Escobar

Il temibile ‘Jota Jota’ nel 2015 incontrò emissari della ‘ndrangheta per organizzare la logistica dello scarico di stupefacente al porto di Livorno

Incontri in Lucchesia per organizzare i container carichi di cocaina provenienti dalla Colombia, tra i quattro individuati dalla magistratura anche Jota Jota, ex braccio destro di Pablo Escobar

Anche un braccio destro di Pablo Escobar in Lucchesia per un mega traffico di droga dal Sudamerica. I nomi, le condanne e gli esiti della persone coinvolte in questa incredibile vicenda legata al traffico internazionale di stupefacenti. Secondo la magistratura antimafia e i giudici della suprema corte di Cassazione i quattro che si sono incontrati ad Altopascio nel 2015 per organizzare la logistica di un maxi carico di cocaina dalla Colombia verso il porto di Livorno, all’interno di più operazioni del genere, erano: Domenico Lentini, Antonio Varone e John Peludo ma soprattutto Jhon Jairo Velásquez Vásquez, conosciuto nel mondo dei narcos col soprannome di Jota Jota. L’uomo è deceduto circa un anno e mezzo fa dopo essere finito nuovamente in carcere in Colombia, nel 2018, ed era ritenuto dagli investigatori italiani e internazionali il capo dei sicari dell’ex re della cocaina, il superboss Pablo Escobar Gaviria. Aveva 57 anni e da tempo soffriva di un cancro allo stomaco che lo aveva devastato. È deceduto la notte di San Silvestro del 2020 nell’Istituto nazionale dei tumori di Bogotá. 

Gli incontri ad Altopascio

Il passaggio di questi narcos e intermediari della cocaina in Lucchesia è finito in uno dei maxi processi alla ‘ndrangheta calabrese che utilizza il porto di Livorno come uno degli approdi per far arrivare in Italia i container pieni di cocaina per poi rivenderla sul mercato nazionale ed europeo. Il processo Stammer della Dda di Catanzaro, coordinato dal procuratore Nicola Gratteri, ma coadiuvato dai colleghi della Dda fiorentina e dalla Direzione nazionale antimafia, ha svelato molti retroscena inquietanti di una vera e propria joint venture, tra alcuni clan calabresi, i narcos colombiani e altri mediatori, finalizzata a importare tonnellate di cocaina. Domenico Lentini, 52 anni di Oppido Mamertina, che ha scelto il rito abbreviato, è stato condannato in appello a 18 anni di reclusione ma per la Cassazione, a gennaio scorso, dovrà essere giudicato nuovamente dai giudici di secondo grado per quantificare diversamente la pena definitiva rispetto ad alcune aggravanti. Antonio Varone, 47 anni di Mileto è stato condannato in appello nei giorni scorsi a 16 anni di reclusione. Non si hanno notizie di John Peludo e Jota Jota come detto è deceduto. Queste 4 persone per gli ermellini, in una recente sentenza, riguardante chi nel processo Stammerha scelto di essere giudicato col rito abbreviato, si sono incontrate in un bar di Altopascio nel 2015 per parlare di un carico in arrivo al porto di Livorno.

La Cassazione

Si legge infatti in sentenza: “In particolare, in ordine alla vicenda oggetto del capo d, la sentenza d’appello ha ricordato che la figura di Domenico Lentini è emersa il 16 agosto 2015, allorquando egli è stato ripreso dalle telecamere in un bar Altopascio, in provincia di Lucca, dove l’imputato si è incontrato con Jota Jota e Antonio Varone, venendo nell’occasione immortalato un passaggio di fogli tra Jota Jota e Lentini, il quale subito dopo è andato via a bordo della sua autovettura, mentre i due colombiani e Varone sono poi ripartiti alla volta della Calabria. Il senso della consegna dei fogli è stato chiarito dalla scansione degli avvenimenti dei giorni precedenti, dovendosi rammentare che la nave con il carico di cocaina era partita il 2 agosto 2015 dal porto colombiano di Turbo. Occorrendo 15 giorni per l’arrivo della nave, dopo la partenza Salvatore Pititto (condannato definitivamente a 15 anni di reclusione), Antonio Varone e John Peludo si sono attivati per ricevere un’informazione essenziale, ovvero quella sul container dove era occultata la droga. Questa informazione è stata portata in Italia direttamente da Jota Jota, il quale è arrivato all’aeroporto di Fiumicino la sera del 16 agosto 2015: al suo arrivo erano presenti John Peludo e Varone, con i quali Jota Jota si è diretto in macchina fino ad Altopascio, dove è avvenuto l’incontro con Lentini alle tre di notte. Dunque, il foglio consegnato a Lentini non poteva che essere il documento che conteneva le informazioni sulla collocazione del container con all’interno le scatole contenenti il carico di cocaina, documento della cui importanza e del cui imminente arrivo aveva parlato anche Salvatore Pititto nella conversazione intercettata il giorno prima dell’arrivo di Jota Jota in Italia”.

Il narcos colombiano sin da giovanissimo si arruolò nella banda di Escobar e si mise in luce per la sua freddezza e la sua capacità organizzativa. Sale tutti i gradini e da piccolo bandito di Medellín presto assume il ruolo di capo dei sicari, oltre 400, che l’uomo che aveva sognato di diventare il padrone del mondo aveva a disposizione. Poi iniziò a collaborare con la giustizia e nel 2014 uscì di galera ma nel 2018 fu arrestato nuovamente e nel 2020 il 31 dicembre morì a seguito del male che lo aveva colpito.

Conclusioni

Sempre più inchieste e procedimenti giudiziari, negli anni, ormai collegano i clan di ‘ndrangheta con la Toscana dove i boss fanno arrivare la cocaina che resta il principale business delle cosche calabresi di cui sono “leader” indiscussi in Italia e in Europa. Centinaia di milioni di euro, contanti, che ogni anno entrano nelle casse della ‘ndrangheta e che poi vanno in parte riciclati in varie attività. Ma non c’è solo la droga che collega la Toscana alla Calabria in termini di attività delinquenziali e criminali, come dimostrano tante altre inchieste tuttora in corso su rifiuti, riciclaggio, usura e appalti pubblici. Tutte le mafie, italiane e straniere, come amava ricordare Giovanni Falcone “non sono affatto invincibili; la mafia è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”. Il contrasto alle mafie non ha più confini territoriali ormai da anni, sia chiaro a tutti e una volta per sempre.