Va dal medico per un intervento estetico ma peggiora: il paziente viene risarcito

La brutta disavventura è capitata nel 2013 a una donna che all’epoca aveva solo 17 anni. Condannato il sanitario autore dell’intervento
Va dal medico per eliminare una macchia sotto l’ascella, un inestetismo che non riusciva più a sopportare, e ne viene fuori con una macchia molto più grande. La corte d’Appello di Firenzeha condannato la dottoressa che avrebbe dovuto curarla ritenendola unica responsabile dell’accaduto, confermando la sentenza di primo grado del tribunale di Lucca e il risarcimento di 27mila euro più 6mila euro di spese legali.
La brutta disavventura (poi risolta successivamente da un altro medico lucchese) è capitata nel 2013 a una donna che all’epoca aveva solo 17 anni e che non sopportava più quella macchia sulla pelle e che aveva deciso, insieme ai genitori, di rivolgersi a un medico per toglierla o attenuarla. Secondo i giudici di primo e secondo grado invece la dottoressa ha praticamente sbagliato tutto quello che si poteva sbagliare, motivi per i quali ha dovuto risarcire la sua ex paziente, come conseguenza della terapia a luce pulsata, prescritta ed eseguita.
In particolare, il giudice di primo grado qualificava la responsabilità del medico in termini contrattuali, evidenziando che si trattava di una prestazione sanitaria erogata in regime di libera professione, “pure se espletata all’interno di una struttura sanitaria privata a Lucca”. Si legge infatti in sentenza di secondo grado a firma dei giudici, Covini, Conte e Caporali: “Nel merito il tribunale di Lucca, sulla base degli esiti della Ctu espletata nel corso del giudizio, riteneva adempiuto l’onere, gravante sulla parte danneggiata, di provare il nesso di causalità tra la condotta del sanitario e la situazione patologica venutasi a creare a seguito del trattamento, effettuato senza una approfondita diagnosi e incongruente dal punto di vista terapeutico, tanto che aveva determinato l’aumento ed il consolidamento delle macchie della pelle. Deve pertanto essere ritenuta la adeguatezza dell’elaborato peritale con riferimento al quale il primo giudice ha ritenuto accertato che il trattamento posto in essere dalla dottoressa non solo non era adatto alla problematica cutanea presente nella paziente, ma fu eseguito con modalità e tempistiche scorrette, tali da provocare un ampliamento ed un consolidamento delle macchie. Dal che l’infondatezza del motivo di appello”.
Da queste motivazione dei giudici di secondo grado basate fondamentalmente su due perizie medico-legali il rigetto dell’appello della dottoressa e la conferma della condanna al risarcimento nei confronti della sua ex paziente più le spese legali.
Il collegio legale delle parti in causa era formato dagli avvocati Federica Pagni, Riccardo Del Grosso e Elisabetta Genghi.