Contratti a termine a ripetizione ma niente ruolo: insegnante di religione vince la causa anche in Cassazione

Per l’alta corte al docente spettano sette mensilità di risarcimento. Ministero condannato a pagare anche le spese di lite
Insegnante di religione trascinato fino alla Cassazione dal Miur, ma gli ermellini gli danno ragione una volta per tutte: gli spettano 7 mensilità di risarcimento.
La Corte d’appello di Firenze, con sentenza 791/2017, in parziale accoglimento dell’impugnazione proposta dal Miur nei confronti di un insegnante di religione, contro la sentenza del tribunale di Lucca, ha ravvisato nei contratti reiterati stipulati inter partes un abuso per superamento dei 36 mesi e liquidato il danno in un’indennità onnicomprensiva pari a sette mensilità.
La Corte territoriale di Firenze si è riferita ad un proprio precedente in una vicenda sovrapponibile e ha ddato preliminarmente atto dell’assetto sostanzialmente definitivo che aveva assunto la questione degli insegnanti ordinari (e del personale Ata) assunti a tempo determinato per l’insegnamento delle altre discipline. La corte d’appello, e prima ancora il tribunale di Lucca, ha ritenuto, pertanto, che se pure la specificità (anche rispetto alla disciplina generale dell’insegnamento pubblico, specificità protetta dall’articolo 7 della Costituzione) consente l’uso del contratto a tempo determinato, la stessa non è sufficiente ad escludere che per questa categoria di lavoratori avvenga l’abuso dello stesso tipo contrattuale. E ciò in quanto la durata del rapporto ulteriore rispetto ai tre anni denuncia il venir meno (se non l’originaria insussistenza) della ragione di flessibilità prevista dalla legge speciale (legge 186 del 2003, articolo 2). La corte fiorentina ha rilevato che che “nel caso di specie fosse pacifico che i contratti stipulati dall’appellata fossero abusivi”. Ha accolto quindi la domanda subordinata di risarcimento del danno (respinta quella di conversione del rapporto), e liquidato lo stesso secondo i parametri di giurisprudenza consolidata n materie ritenendo equa la misura di sette mensilità, valutando le dimensioni del datore di lavoro e la durata dei rapporti.
Contro la sentenza il Miur aveva proposto ricorso per Cassazione. Scrive chiaramente la Cassazione in sentenza: “Venendo al caso concreto, la corte territoriale di Firenze ha fondato l’accoglimento della domanda sulla reiterazione continua dei contratti, rimarcando in particolare che le insegnanti avevano prestato la loro attività in virtù di reiterati e consecutivi contratti annuali a decorrere dall’anno scolastico 2005-2006 (e cioè da epoca successiva al concorso del 2004) e per oltre cinque anni e fino all’anno scolastico 2010/2011 (in via di conclusione al momento del deposito del ricorso di primo grado), sicché si è certamente realizzato l’abuso riconnesso al mantenimento della precarietà, nei termini di cui si è detto, perché le ricorrenti, pur proseguendo ininterrottamente nell’insegnamento della religione cattolica, non avevano potuto fruire dell’indizione dei concorsi previsti dalla legge. Invece, nulla di tutto quanto utile a comprovare profili di esenzione da responsabilità del ministero emerge dalla sentenza impugnata, né dal ricorso per Cassazione, fondato anzi sull’assunto delle legittimità in sé dei contratti, seppure mantenuti nell’inosservanza del sistema nella sua interezza e senza la dovuta celebrazione dei concorsi trienna”.
Il Miur è stato condannato anche a 4mila euro di spese di lite e di giudizio, oltre spese generali. Il collegio difensivo delle parti era formato dagli avvocati Giuseppe Nastasi, Tommaso De Grandis e Alberto Giovannelli. Caso chiuso.