Urta con il camion contro un albero e perde il carico: autista licenziato e condannato a risarcire

5 novembre 2022 | 15:08
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Urta con il camion contro un albero e perde il carico: autista licenziato e condannato a risarcire

La ditta gli aveva proposto un cambiamento di mansioni ma lui aveva rifiutato. I giudici respingono l’impugnazione del provvedimento

Oltre al danno la beffa, perde sia la causa sia il posto di lavoro. Il malcapitato lavoratore era uscito di strada con camion e rimorchio, in provincia di Lucca, in circostanze rimaste ignote, e aveva urtato contro un albero e perso l’intero carico di legname: è stato condannato a risarcire la ditta di Lucca per cui lavorava con 19mila euro e inoltre ha perso anche il posto di lavoro.

Ma sul licenziamento i giudici in sentenza hanno dato atto che la società gli aveva proposto un’alternativa, cioè passare da autista ad operaio in segheria, che non è stata accettata dall’uomo. Risultato: ora dovrà pagare i danni e non ha più un lavoro, almeno al momento. Quello “strano” incidente gli è costato davvero caro. Le perizie effettuate dai giudici durante il processo hanno delineato un quadro che l’uomo non è riuscito a chiarire e non avendo fornito prove sul perché dell’incidente ha dovuto pagare i danni. Diverso il discorso del licenziamento perché è stato lui a non accettare la mediazione offerta dall’azienda lucchese in accordo con i sindacati.

Ma andiamo con ordine. Il ricorrente, assunto dalla ditta di Lucca nel giugno del 2015, ha impugnato il licenziamento intimatogli del maggio del 2019 a seguito di contestazione disciplinare in conseguenza di un incidente occorsogli a gennaio sempre del 2019 quando egli, essendo alla guida di un autocarro della ditta, con un rimorchio e carico di cippato, nel percorrere la via Aurelia in direzione Pisa-Livorno, aveva spostato la direzione del mezzo verso destra, causandone la fuoriuscita dalla carreggiata, l’urto della parte spigolare della sponda destra del rimorchio contro un pino posto sulla banchina stradale, e la fuoriuscita di tutto il carico di cippato per un lungo tratto della strada, in quanto il mezzo si era fermato solo dopo aver percorso circa 200 metri.

Sul posto erano intervenuti agenti della polizia municipale a cui l’uomo aveva dichiarato “di non aver mantenuto il controllo del veicolo a causa di un sorpasso di presunto veicolo che gli aveva tagliato la strada e lo aveva portato a spostarsi verso destra con conseguente fuoriuscita dalla sede stradale e impatto con il pino”. Secondo la ricostruzione processuale, “rimanendo all’esame del verbale si osserva che da esso risulta che la strada era rettilinea con limite di velocità di 60 km/h, che la polizia intervenuta non aveva rilevato tracce di frenata, né scarrocciamenti e/o abrasioni del suolo, e che aveva appurato che il cippato ricopriva totalmente, e in alcuni tratti parzialmente, la sede stradale per circa 200 metri. Va qui osservato che in ordine all’accadimento posto dalla società a fondamento del provvedimento non sono emerse prove di alcun genere circa il presunto sorpasso che avrebbe indotto il ricorrente a spostarsi verso destra. In sede di ricorso poi si ipotizza una qualche possibile avaria del mezzo, non indicata però alla polizia municipale intervenuta, né espressa direttamente dal ricorrente prima della presentazione del ricorso e invero “ipotizzata” quale possibile causa dell’accadimento solo da un sindacalista intervenuto nell’incontro.

Ebbene poiché la versione ipotizzata dal sindacalista contrasta con quanto sempre dichiarato dal ricorrente è stata ritenuta esplorativa, superflua e irrilevante la ctu richiesta con il ricorso considerando anche che il ricorrente mai ha indicato in cosa sarebbe consistita l’anomalia. In assenza di prova di una qualsiasi altra causa idonea che abbia prodotto l’evento, deve quindi giungersi a ritenere che il sinistro è stato diretta conseguenza della condotta di guida negligente del ricorrente, negligenza a cui consegue l’obbligo di risarcire i danni alla società”. Da queste motivazioni, concludono il giudice Alfonsina Manfredini del Tribunale di Lucca che: “Il negligente comportamento di guida del ricorrente e questo atteggiamento soggettivo del lavoratore è tale da mirare il rapporto di fiducia tra lo stesso e la società quantomeno circa il ruolo di autotrasportatore: il ricorrente, ben poteva accettare la proposta avanzata, in sede di procedimento disciplinare, dalla società di essere adibito ad altre mansioni (segnatamente operatore alla motosega), ma stante il diniego perentorio, circa una eventuale ipotesi di sanzione conservativa, la società si è vista costretta ad irrogare la sanzione massima del licenziamento. Sanzione che per i motivi sopra esposti (principalmente per la grave negligenza tenuta nell’episodio in contestazione e la conseguente compromissione del rapporto fiduciario tra le parti) è da ritenersi proporzionata”.

I giudici hanno quindi rigettato l’impugnazione del licenziamento e condannato l’uomo a pagare 19mila euro di danni alla sua ex società, e circa 4mila euro di spese di giudizio. Peggio di così non poteva andare. Non sono note le motivazione che hanno indotto l’uomo a non accettare le differenti mansioni che gli aveva offerto l’azienda in sede di negoziazione con i sindacati e proceduto con il contenzioso fino alla sentenza che lo ha visto “sconfitto” su tutti i fronti. Nessuno nega alle parti di cercare di trovare accordi futuri, a prescindere dalla sentenza, nella parte lavorativa. Si vedrà.