Si lasciano e lui chiede indietro alla ex i soldi dati in prestito per motivi di lavoro: il giudice gli dà ragione

8 novembre 2022 | 14:51
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Si lasciano e lui chiede indietro alla ex i soldi dati in prestito per motivi di lavoro: il giudice gli dà ragione

Secondo la donna erano stati elargiti a titolo di obbligazione naturale in qualità di convivente more uxorio e per iol mantenimento del loro figlio

Dopo tre anni di relazione e convivenza, dal 2016 al 2019, durante le quali è nato anche un figlio, si lasciano, e come accade spesso, purtroppo, non in maniera bonaria. A parte tutte le questioni relative al figlio di cui si occuperà il tribunale di Lucca in altre sedi, ci sono conti in sospeso tra i due e lui decide di richiederle indietro i soldi che le ha prestato, circa 13mila euro, per motivi lavorativi e non personali. Ottiene un decreto ingiuntivo dal tribunale cittadino perché la sua ex non riteneva di doverli restituire perché a suo dire erano stati elargiti a titolo di obbligazione naturale in suo favore in qualità di convivente more uxorio, e dall’altro a titolo di mantenimento del loro figlio.

La donna ha impugnato quindi il decreto ingiuntivo del suo ex, opponendosi in aula, ma i giudici lucchesi le hanno dato torto su tutta la linea e ora non solo dovrà restituire i soldi al suo ex ma anche pagare le spese di lite e infine le è stato revocato anche l’ammissione al gratuito patrocinio. Una disfatta totale che probabilmente non si aspettava ma la legge non ammette ignoranza e se si può comprendere il suo stato d’animo la sentenza, pubblicata il 7 novembre scorso, a firma del giudice Giacomo Lucente, lascia poco spazio a interpretazioni. Non sono riusciti a risolvere le loro questione privatamente e sono finiti in aula, come tante, troppe, altre coppie che si lasciano o separano.

Si legge infatti chiaramente nelle motivazioni della sentenza: “La tesi di parte opponente per cui la somma di 12459,45 euro le è stata corrisposta in adempimento di una obbligazione naturale è manifestamente infondata. Come evidenziato da sentenze della Cassazione, se è pur vero che chi agisca per l’adempimento di un obbligo di restituzione di somme che assume di avere pagato è tenuto a fornire la prova del titolo su cui fonda il suo diritto, è anche innegabile che chi riceva il denaro altrui non è in linea di principio autorizzato a trattenerlo senza causa, e che l’eventuale mancata prova da parte dell’attore della sussistenza di un contratto di mutuo, a giustificazione del diritto alla restituzione di somme che concretamente dimostri di avere versato, non elimina il problema di accertare se sia consentito all’accipiens di trattenere le somme ricevute, senza essere tenuto quanto meno ad allegare la causa che ne giustifichi l’acquisizione”.

Da qui la decisione finale del dei giudici di primo grado: “Il tribunale di Lucca, definitivamente decidendo, così provvede: rigetta l’opposizione e conferma il decreto ingiuntivo opposto; revoca, l’ammissione al gratuito patrocinio provvisoriamente disposta nei confronti della donna e la condanna al pagamento delle spese di lite nei confronti dell’uomo, che liquida in 3mila euro più Iva e spese generali come per legge, nonché all’ulteriore somma di 3mila euro per l’aggravante della responsabilità processuale”.

La donna potrà, se vuole, proporre appello ai giudici fiorentini contro la sentenza di primo grado, ma il rischio di ulteriori esborsi economici in caso di ulteriore sconfitta è un fattore di cui tenere sempre conto in questi casi. Vista la presenza di un figlio si spera possano trovare accordi futuri e in pace.