Il tribunale dà ragione alla precaria: il bonus di 500 euro all’anno spetta anche ai docenti non di ruolo

L’insegnante aveva fatto ricorso perché le era stata negata la carta docente nonostante 7 anni di cattedre a tempo pieno
La carta elettronica docente? Spetta a tutti gli insegnanti, sia di ruolo sia precari a prescindere se part time o a tempo pieno. L’ennesima sentenza che va in questa direzione arriva dal tribunale di Lucca ma con una particolarità destinata a chiarire alcuni punti delle cosiddetta giurisprudenza in merito. Il giudice Alfonsina Mafredini, dopo aver analizzato a fondo il ricorso di un docente lucchese, che per 7 anni consecutivi ha firmato contratti col Miur a tempo pieno anche se determinato e dopo aver verificato le decisioni della corte di Cassazione e della corte di giustizia europea, ha stabilito che l’insegnante abbia diritto alla carta elettronica docente ma non al rimborso pedissequo delle somme. In pratica il bonus di 500 euro all’anno per 7 anni di insegnamento non porta direttamente a 3500 euro di rimborso del Miur nei confronti del docente perché il bonus ha dei paletti specifici che non sarebbero rispettati o comunque di difficile e complessa verifica nel caso in cui venissero rimborsati direttamente e complessivamente all’insegnante.
Quindi scrive il giudice lucchese in sentenza: “Va dichiarato il diritto della parte ricorrente a ottenere il beneficio economico della cosiddetta carta del docente e, quindi, del relativo bonus di 500 euro per ciascun anno scolastico, condannando il Miur all’adozione delle attività propedeutiche e necessarie volte a consentire alla parte ricorrente il pieno ed effettivo godimento del beneficio medesimo”.
Questo perché tale bonus non può essere speso a discrezione del docente ma deve seguire specifici criteri. La Carta del docente è un bonus che consente agli insegnanti di spendere fino a 500 euro per la loro formazione personale e l’acquisto di: libri e testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale; hardware e software; Iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca; iscrizione a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale; titoli di accesso per rappresentazioni teatrali e cinematografiche; titoli per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo; iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione, di cui articolo 1, comma 124, della legge n. 107 del 2015 (buona scuola). Spiega infatti in modo molto chiaro la sentenza del tribunale di Lucca: “Si ricorda inoltre che il beneficio normativamente previsto ha un vincolo di destinazione e non ha natura retributiva: da ciò discende che un’eventuale condanna a una somma di denaro (corrispondente alla rappresentazione di valore contenuta nella carta del docente) determinerebbe una sorta di discriminazione al contrario rispetto al trattamento riservato ai docenti a tempo indeterminato. Infatti, se fosse riconosciuta questa possibilità, i docenti a tempo determinato potrebbero usufruire di una somma di denaro spendibile in qualsiasi modo e non solo per l’acquisto di beni e/o servizi afferenti e funzionali con lo sviluppo della propria professionalità. Un tale riconoscimento si porrebbe in contrasto anche con la ratio fissata nella Legge n.107 del 2015, oltre al fatto che la formazione è una condizione di impiego da accordare in maniera egualitaria sia per evitare ingiustificate discriminazioni, quanto, e soprattutto, per garantire la formazione necessaria al buon andamento dell’amministrazione scolastica”.