Lavora per dieci anni per ditte in appalto, Poste Italiane dovrà assumerlo

Storica sentenza deii giudici fiorentini, che hanno ribaltato la sentenza di primo grado: la ditta avrebbe attuato, fino al dettaglio, il programma predisposto dal committente

Storica sentenza della Corte d’Appello di Firenze sul caso di un lavoratore lucchese.

Ha lavorato per 10 anni di fila per ben tre società diverse che si erano avvicendate in un appalto di Poste Italiane per lo svuotamento delle cassette postali e la consegna nei centri di raccolta, in provincia di Lucca, con contratti lontani da quelli applicati ai dipendenti postali anche se di fatto lavorava sotto direttive precise di Poste. L’uomo dopo una lunga ed estenuante battaglia giudiziaria ha ottenuto l’assunzione a tempo pieno e indeterminato a partire dal 2012 da Poste Italiane perché i giudici della Corte d’Appello di Firenze, ribaltando in toto la sentenza di primo grado dei colleghi lucchesi, ha stabilito che i contratti d’appalto tra le società e Poste siano illegittimi.

“I contratti di appalto sono privi dei requisiti indispensabili di autonomia e privi del rischio di impresa”. I giudici di secondo grado, Baraschi, Tarquini e Mazzeo, nelle motivazioni della sentenza pubblicata lo scorso 16 ottobre hanno ricostruito l’intera vicenda rileggendola alla luce delle normative e delle pronunce della suprema corte di Cassazione e hanno dato completamente ragione al lavoratore. In pratica Poste avrebbero appaltato servizi a ditte che a loro volta utilizzavano lavoratori che di fatto rispondevano alle direttive specifiche di Poste e che guadagnavano meno dei colleghi “postali” che svolgevano le medesime mansioni e con tipologie contrattuali completamente differenti, erano quindi molto meno garantiti, da tutti i punti di vista. Ma secondo i giudici le mansioni svolte erano identiche e soprattutto gestite direttamente da Poste, da qui la dichiarazione di illegittimità dei contratti di appalto e la sentenza in favore del lavoratore.

Sentenza che potrà essere utilizzata anche da altri colleghi nelle medesime condizioni. Si legge molto chiaramente in sentenza: “E si è detto come nella specie l’organizzazione del servizio, apparentemente appaltato, fosse rimessa in effetti a Poste, che determinava nel dettaglio l’esecuzione della prestazione dei dipendenti delle formali appaltatrici, le quali non esercitavano su quella prestazione alcun potere conformativo, limitandosi alla gestione amministrativa dei rapporti di lavoro. Per questi motivi, in accoglimento dell’appello e in riforma della decisione impugnata, deve ritenersi la fittizietà degli appalti nei quali la prestazione dell’appellato è stata impiegata fin dal 2 luglio 2012”.  E ancora: “Non si comprende davvero quale sarebbe stata l’autonomia organizzativa dell’appaltatore, quando gli era in effetto rimessa solo l’attuazione (e la comunicazione ai propri formali dipendenti) di un programma predisposto dalla committente fino al dettaglio”.

Poste, salvo ulteriori ricorsi, ora dovrà assumere “il postino” lucchese a partire dal 2 luglio del 2012 con un contratto a tempo pieno e indeterminato, categoria D del Ccnl dei postali e pagare anche circa 5mila euro di spese di lite e di giudizio. Una sentenza storica della corte d’appello fiorentina destinata a fare molto rumore e che potrebbe avere molte ripercussioni anche in tanti altri casi in Lucchesia e in Toscana, e non solo. 
 

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