Cucciolo grave dopo un errore del veterinario: risarciti per danno morale i proprietari

Il tribunale ha riconosciuto un indennizzo per le sofferenze dovute ad un intervento sbagliato sull’animale di affezione di una coppia di Lucca: al cane dovranno essere messe le protesi
Il patimento e le sofferenze dei padroni di un cane che ha subito danni a seguito di alcuni errori medici sono risarcibili. I giudici del tribunale di Pisa hanno infatti liquidato anche i danni non patrimoniali, 3mila euro, alla coppia, oltre a quelli patrimoniali, circa 13mila euro, dopo due interventi chirurgici che invece di guarire il loro cane corso gli avevano provocato danni permanenti e una infezione. I coniugi lucchesi si erano rivolti a un ortopedico veterinario nel 2016 che lavorava tra la Toscana e la Sardegna, esattamente tra le province di Cagliari e Pisa dove hanno sede le due cliniche veterinarie. Il cucciolo a pochi mesi, infatti, camminava male per via di una malformazione articolare e il veterinario consigliava un intervento di tipo chirurgico per correggere questa malformazione. Questo avveniva nel mese di novembre del 2016 ma il cucciolo di operazione ne subirà due che secondo i periti del Tribunale non andavano eseguite e inoltre durante il primo intervento, sempre secondo il resoconto processuale, il cane contraeva una infezione per difetti nel processo di sanificazione della sala operatoria.
Nel luglio dell’anno successivo i proprietari del cane stanchi e disperati per la salute del loro cucciolo si erano rivolti ad un altro specialista che confermava la presenza di un batterio che aveva provocato anche danni neurologici. Il cane infine era stato sottoposto ad una nuova risonanza che da rilevato un irreparabile danno nella parte finale della colonna, dove il batterio aveva intaccato e compromesso gli ultimi tre dischi invertebrali. Inevitabile a quel punto impiantare due protesi. Nel 2018 dopo un tentativo di mediazione con il veterinario la coppia aveva deciso di rivolgersi al Tribunale e fare causa sia al medico sia alle due cliniche veterinarie. Nel processo due perizie hanno stabilito che il batterio era stato contratto durante il primo intervento nella clinica sarda e che il veterinario avrebbe dovuto effettuare altri tipi di intervento per le patologie di cui soffriva il cane. Accertata quindi la responsabilità del veterinario e della clinica sarda il giudice Eleonora Polidori del Tribunale di Pisa nella sentenza motivata e pubblicata lo scorso 2 novembre ha dovuto affrontare la parte più delicata del procedimento e cioè la quantificazione dei danni, dopo aver estromesso dal giudizio la clinica pisana. Mentre per quelli di tipo patrimoniale la documentazione presentata dalla coppia sulle spese sostenute per medicinali, cure e viaggi tra la Toscana e la Sardegna, è stata ritenuta sufficiente a dimostrare i danni subiti dalla coppia, per i danni non patrimoniali richiesti il giudice aveva a disposizione solo altre 6 sentenze italiane (Roma, Firenze, La Spezia, Arezzo, Reggio Calabria e Pavia) ma plurimi pronunciamenti di altri organi ed enti.
La sentenza
Si legge infatti nella storica sentenza: “Questione assai articolata è quella della risarcibilità del danno non patrimoniale da lesione o perdita di un animale da affezione domestico, danno consistente nella sofferenza e nel patema d’animo subiti dal proprietario a causa di fatti illeciti realizzati da terzi o di condotte colpose integrate dal veterinario, come nel caso di specie. In merito si deve tenere conto, oltre che del comune sentire del momento storico attuale, del tessuto normativo esistente anche sovranazionale. Tale variegato panorama normativo dà conto di un’indubbia evoluzione nella considerazione non solo sociale ma anche ormai normativo-istituzionale dell’interesse sotteso al rapporto d’affezione soprattutto con l’animale domestico. Deve quindi ritenersi meritevole di riconoscimento l’interesse sotteso al legame con l’animale domestico d’affezione”. Fatte queste premesse la sentenza entra nel caso specifico per la quantificazione del danno non patrimoniale. Prosegue infatti la sentenza: “Nel caso di specie e in concreto quindi, alla luce delle prove in atti, si deve ritenere che la documentazione prodotta attesti la piena sussistenza del legame affettivo con l’animale e che comunque tutte le azioni realizzate dagli attori in un lungo periodo temporale per apprestare le migliori cure al proprio cane rappresentino la sicura base del ragionamento logico insito nella prova presuntiva di talché la domanda risarcitoria dei danni non patrimoniali deve essere ritenuta fondata e meritevole di accoglimento. Ai fini della quantificazione, pur evidenziando che trattasi di danni non patrimoniali dovuti quali conseguenza a condizioni riguardanti animali, se pur di affezione, e non persone, si ritiene che debbano essere quantificati in via equitativa in 1.500 per ciascuno degli attori (3mila euro totali più interessi)”. Il grado di afflizione e patimento subito dai proprietari del cane, per il giudice può essere evinto anche e soprattutto da tutte le azioni, anche notevolmente onerose, realizzate per assicurare al proprio cucciolo le cure necessarie e dalla circostanza dell’aver dovuto assistere inermi alle varie peripezie sanitarie subite dal cane, “le cui condizioni sono documentate anche dalla messaggistica depositata dagli stessi attori”. Il veterinario e la clinica sarda dovranno pagare anche 3mila euro di spese di lite.
(La foto è d’archivio)