Giornate europee dell’archeologia, a Villa Guinigi il nuovo allestimento dell’urna Bernardini



Di origine romana è stata affidata alla Soprintendenza e sarà esposta al museo nazionale di via della Quarquonia
In occasione delle Giornate europee dell’archeologia, il Museo nazionale di Villa Guinigi oggi (16 giugno) ha presentato l’urna Bernardini, un reperto archeologico che racconta diverse fasi e molteplici aspetti della storia lucchese e che costituisce un tassello significativo del quadro culturale italiano.
Il nuovo allestimento del prezioso reperto evidenzia il suo legame con la storia e la cultura locali e valorizza l’importanza dell’opera in relazione alla città di Lucca e alla storia del collezionismo antiquario.
Alla presentazione sono intervenuti Stefano Casciu, della direzione regionale musei della Toscana, Angela Acordon, della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Lucca e Massa Carrara, Neva Chiarenza, funzionaria archeologa della Soprintendenza e Ivan Toluzzo, tenente colonnello della Guardia di Finanza, regione Veneto.
Le Giornate europee dell’archeologia, ricordiamo, coinvolgono tutti gli attori del mondo dell’archeologia per far scoprire al pubblico i tesori del patrimonio e i retroscena di questo settore.
Nel novembre 2021 l’autorità giudiziaria di Venezia ha consegnato alla Soprintendenza un’urna marmorea sequestrata tra alcuni beni di provenienza furtiva che è stata poi collocata, in accordo con la direzione regionale musei della Toscana e per essere esposta in modo permanente al pubblico, al museo nazionale di Villa Guinigi, dove da oggi è parte del percorso di visita nella sezione archeologica.
L’urna, come ha raccontato il tenente colonnello Ivan Toluzzo, è stata ritrovata nel Veronese: “L’opera è stata rinvenuta grazie ad un controllo effettuato nel mercato dell’arte: ci era giunta la notizia che un soggetto, senza arte nè parte, stava vendendo non solo l’urna ma anche altre opere di immenso valore. Ci siamo subito allertati e, ripercorrendo tutta la filiera commerciale, siamo finalmente arrivati a chi la deteneva”.
“Questa volta a regalarci una grande opera archeologica non è stato il sottosuolo ma un’indagine – ha commentato Angela Acordon, della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio – Un valore aggiunto non solo al Museo ma anche alla storia di Lucca. Siamo molto soddisfatti di questo ritrovamento e soprattutto siamo felici che sia stato ospitato in questi spazi”.
“Si tratta di un’opera importantissima per la storia di Lucca – ha commentato Stefano Casciu – Il museo si arricchisce di un’altra grande opera grazie alla preziosa collaborazione con la soprintendenza di Lucca. L’urna non poteva che essere posizionata qui nel museo per eccellenza della città di Lucca che vanta già di una straordinaria collezione”.
La storia
Per la tipologia e le circostanze del reimpiego, l’urna cineraria, mancante del coperchio, proviene sicuramente da una necropoli di Roma. L’oggetto fu visto dall’epigrafista Ciriaco d’Ancona nell’ottobre del 1442 nella chiesa dei SS. Giovanni e Reparata a Lucca. Nel 1785 è invece attestato nel palazzo della nobile famiglia Bernardini (prospiciente l’attuale piazza omonima). Ancora nel 1836 il diario sacro delle chiese di Lucca colloca l’urna nella corte interna di Palazzo Bernardini;agli inizi del Novecento fu venduta sul mercato antiquario. Il bassorilievo, realizzato per la conservazione delle ceneri di Gaio Villio Invento, è decorato sul fronte principale da una tabella per la dedica, posta al di sopra di una porta a doppio battente con timpano superiore che indica il passaggio all’aldilà. La scena è incorniciata da scudi e ghirlande ed è fiancheggiata da due colonne tortili, mentre le facce laterali recano la rappresentazione dettagliata di un tripode, sovrastato da un volatile e affiancato da un lato da una colonna tortile e dall’altro da uno stipite con foglie.
L’iscrizione, inserita impropriamente nella sezione Luca delCorpus Inscriptionum Latinarum (CIL XI, 1539), riporta la dedica del figlio, di un liberto e di una liberta (dal cognome grecanico) al ‘padre e ottimo patrono’. L’abbreviazione D.M. (‘agli Dei Mani’) dovrebbe trovarsi all’inizio dell’epitaffio, mentre alla fine era piuttosto usuale scrivere B.M. (‘a colui che lo meritò’). Tuttavia, una tabella sulla fronte di un sarcofago strigilato sempre proveniente da Roma, ma oggi conservato a Ventimiglia, presenta le stesse abbreviazioni Dmdd all’ultima linea (Cil VI, 39013; datazione: fine II – inizi III sec. d.C.).
L’urna si inserisce pienamente nel complesso succedersi di mode e avvenimenti lucchesi ed italiani: frutto della cultura romana, ne racconta aspetti sociali e rituali. Sepolto e dimenticato nel Medioevo e post Medioevo, il reperto tornò alla luce per la volontà di prestigio di una nota famiglia lucchese, che lo inserì nella propria collezione di antichità. Perso l’interesse, fu venduto e successivamente utilizzato come vasca o come vaso (si noti il foro su una delle facce).
Oggi si riappropria della sua identità, arricchita ad ogni passaggio, suggellando la collaborazione fra le istituzioni.