Quarant’anni da sommelier alla Buca di Sant’Antonio, in pensione il professionista Cristiano Cortopassi

L’esperto di vini del noto ristorante: “Mi dedicherò alla famiglia e a fare il nonno. Ma lascio una seconda casa, mi mancherà”
Ci vuole costanza, dedizione, umiltà. Pazienza e spirito di sacrificio, lavorando anche nei giorni di festa. Il sabato, la domenica, a Natale… Ma i risultati e le soddisfazioni arrivano, se c’è la passione: quella che non ha mai abbandonato la lunga carriera di Cristiano Cortopassi, sommelier professionista in uno dei ristoranti più prestigiosi di Lucca: la Buca di Sant’Antonio. Un angolo di paradiso in centro storico a Lucca rinomato in tutto il mondo, dove Cristiano ha trascorso 40 dei suoi anni, fino allo scorso 31 luglio. Quando è arrivata la pensione: “Adesso mi dedicherò alla famiglia e a mio nipotino Ettore di soli 3 mesi. Amo fare il nonno – racconta – Poi ho tanti hobby, come la bicicletta, la pallacanestro e il nuoto, e da dieci anni sono volontario di un’associazione che si occupa di autismo e disabilità. Le attività con cui riempire il mio tempo libero non mancheranno. Ma mi dispiace molto dire addio alla Buca. Tra colleghi si era creata una bellissima atmosfera di amicizia, si usciva insieme, si andavano a fare degustazioni di vino. Mi sono sempre sentito in famiglia. Lascio una seconda casa, praticamente. Questa è la fine di un bellissimo percorso”.




Un percorso iniziato come aiuto cameriere al Grand Hotel Croce di Malta a Montecatini, mentre ancora frequentava l’alberghiero. Era il 1977, e non ancora 18enne serviva su un carrello il vin santo ai clienti: “Passavo fra i tavoli con una botticella, mi piaceva. Da questa esperienza è nata una passione per il vino cresciuta negli anni in modo naturale, perché il cameriere è sempre a stretto contatto con cibo e bevande”.
Una professione che lo porta oltre la Manica, quando diplomatosi, lascia l’Italia e trascorre cinque anni e mezzo a servizio di una grande catena d’alberghi inglese, con 800 strutture in tutto il mondo. “C’era una organizzazione bellissima in Inghilterra. Pensa che il magazziniere ti dava le bottiglie di vino solo in cambio di quelle vuote. Se non le riportavi, tornavi senza niente. Voleva avere il controllo totale della situazione. Che ricordi”.
Tanti, ma i migliori sono inevitabilmente legati alla Buca di Sant’Antonio. C’è entrato nell’’83, da cameriere, per uscirci nel 2021 da rinomato sommelier. Un titolo acquisito alla fine del corso triennale nel ‘96, per poi diventare professionista nel ’98. “Il sostegno dei miei genitori è stato fondamentale, mi sono stati sempre vicini. Papà assisteva alle mie prove in cucina e ripeteva ad alta voce le cose che avevo imparato. Ma prima di arrivare ad assaggiare il vino c’era tutta la descrizione visiva e olfattiva, e a un certo punto giustamente chiedeva: ‘Ma quand’è che si beve?!’ – ricorda sorridendo Cristiano – Nella degustazione del sommelier ci sono varie fasi, solo l’ultima è in bocca. E poi per assaggiarlo basta una goccia: basta per saper giudicare e consigliare”.
“Un consigliere a tavola”. Così Cristiano si definisce: alla Buca si occupava degli ordini del vino, contattava i rappresentanti e andava a fare le degustazioni nelle aziendeper conoscerne le realtà, e consigliare più facilmente ai clienti. “Una volta preso l’ordine dei camerieri, io mi avvicinavo e ascoltavo prima di tutto cosa volevano. Perché ci sono dei clienti che chiedono uno specifico tipo di vino, altri invece si fanno guidare dal sommelier. Io cercavo sempre di trovare quello giusto, adatto ai loro gusti e alle caratteristiche dei piatti scelti”.
“Riuscire a indovinare il vino adatto è per un sommelier la più grande soddisfazione. Sentire esclamare ‘E’ proprio quello che volevo!’, dalle labbra sorridenti dei clienti, è bellissimo. Quelli fissi venivano tutte le settimane e sceglievo io. Si fidavano, perciò proponevo sempre un calice diverso. Altri invece dovevo imparare a conoscerli, ma la cosa principale per questo lavoro rimane sempre l’umiltà: mai cercare di imporre il tuo gusto al cliente, mai far pesare la tua esperienza. Questa è una cosa difficile, soprattutto da insegnare ai giovani. S’impara con gli anni”.
Anni di esperienza, quelli di Cortopassi, a tu per tu con una clientela vasta e diversificata. Dai numerosi turisti stranieri ai lucchesi, famiglie e coppie che per San Valentino si scambiano promesse davanti alle prelibatezze della cucina locale. Abbinata, ovviamente, a un buon calice di vino. Dalla medio-alta società alla persona ‘comune’, ma fondamentale rimane far sentire a proprio agio l’ospite. Senza sottolineare eventuali gaff: “A un tavolo di ragazzi ordinarono un famosissimo vino rosso. ‘Guardi, come bianco ci porti il Sassicaia, poi vediamo…’ dissero. Potevo contraddirli, ma era scortese. Così, senza dire nulla arrivai con la bottiglia e gliela feci vedere, e loro ‘Ah allora no, magari prediamo qualcos’altro…’.
“C’è poi stato un signore di una certa età con la ragazza giovane – continua Cristiano -, che chiese il Pignarello, un altro importante vino toscano. Ma dopo averlo sentito, esordisce: ‘Cameriere, lei che è anche sommelier, non lo vede che sa di tappo questo vino?’ Casomai – pensai io – si sente, ma che lo veda ho i miei dubbi… Che dire, gli scappò detto per fare un po’ di scena davanti alla ragazza. Che ci vuoi fare… – ricorda sorridendo – Poi ce ne sono mille di scene da ricordare… Come le classiche, quando era terminato un vino e io ne consigliavo un altro con le stesse caratteristiche, ma ‘No no, allora mi porti un Chianti…’, un prodotto magari totalmente diverso. Io invece cerco sempre di consigliane uno simile alla scelta iniziale”.
“Gli stranieri? Fino al 2019 erano l’80%, poi la clientela è cambiata a causa del Covid e in quest’ultimo anno e mezzo sono aumentati gli italiani. Ma alla Buca continuano a venire da tutti i continenti, e sono molto educati. A volte però vogliono cambiare il tavolo assegnato, mentre in molti paesi esteri è obbligatorio sedersi dove indicato dal cameriere. E invece da noi… ‘No ma io vorrei quel tavolo là… Mi può mettere lì…’. Ora con la pandemia è un po’ più difficile, però ci riescono lo stesso – spiega divertito – Solo l’altra settimana un francese voleva mangiare fuori e non c’era posto. Ovviamente dopo aver già prenotato all’interno: ‘Eh ma mia moglie si è già seduta al tavolo’ insisteva. L’ha fatto senza chiedere se era libero o meno, quando all’esterno era già tutto riservato. Alla fine l’abbiamo accontentata, giustamente e con piacere perché questo è il nostro lavoro. Muovendoci tuttavia con difficoltà per portare un tavolo fuori dal magazzino, e tutto il resto. Cose che facciamo spesso, però insomma…. Che dire, bisogna avere pazienza in questo lavoro”.
Tanta pazienza, calma e voglia di fare. E dimenticare le proprie preoccupazioni per 9, 10, 12 ore di fila: “Quando lavori in un ristorante devi lasciare da parte problemi, stanchezza e cambiare volto. Far sentire il cliente a suo agio sempre. E porta frutto, perché le persone tornano, lasciano la mancia, sono contente. È sempre un piacere trattare bene i clienti. E soprattutto, accogliere con gentilezza e il sorriso sulle labbra, non costa niente. Ma è difficile, e s’impara con il tempo”.
“Cosa consiglio ai giovani? In questa professione serve passione. Non preoccupatevi di lavorare nei giorni di festa, perché di altri momenti per la famiglia e gli amici ne troverete. Studiate le lingue, imparate da chi ha esperienza e siate umili. L’umiltà è fondamentale: non pensate di essere nati già imparati. Alcuni ragazzi quando arrivano nelle scuole alberghiere vogliono già prendere l’ordine al tavolo. No, prima imparate tutto il resto, i piatti, gli ingredienti, seguite e guardate molto come ci muoviamo noi più anziani. E poi, con tranquillità e voglia di crescere, siate aperti a fare un po’ di tutto, a spazzare a pulire, anche se si è cameriere. Ci siamo passati tutti dalla gavetta: come il cuoco inizia pulendo le patate, il cameriere inizia dando il cencio. Dopo imparerete a portare i piatti e tutto il resto. Ma s’inizia dalle cose più semplici. E alla fine, quando sarete in alto, ne comprenderete il significato”.