Violenza sulle donne, Don Cerri: “Anche le parole uccidono”

Don Franco Cerri: "Che non passi la giornata dell'otto marzo come una festicciola di calendario o come una sagra" 

La festa dell’8 marzo è ormai alle porte e, a parlarne, mettendo l’accento sulla violenza sulle donne, c’è anche Don Franco Cerri: “Attenzione a non fare l’abitudine a una giornata che obbliga a riflettere su quanto continua a succedere quasi ogni giorno in tutta Italia, la violenza contro le donne, che trova il culmine nell’uccisione”.

“Da quello che sappiamo – aggiunge – le stesse cose accadono anche in altre parti del mondo, dove la donna non conta nulla ed è ridotta a fare la schiava, perfino da bambina. Sappiamo più o meno quello che avviene in Italia e conosciamo o non si vuole conoscere quello avviene nel mondo: violenze inaudibili contro le donne, da quelle fisiche, si pensi alle mutilazioni genitali, a quelle psicologiche. Le statistiche parlano di milioni e milioni di donne, che subiscono umiliazioni da parte del maschio e, molto spesso, si tratta del partner o di altri famigliari. Credo che si parli poco di queste realtà che, pure, ci riguardano tutti. O non siamo parte di una stessa umanità? C’è però una violenza di cui non si sente parlare quasi mai: la violenza delle parole da parte dei mariti, dei conviventi e degli uomini in generale, contro la donna”.

“Eppure – commenta – la violenza verbale uccide la persona. Una donna che si sente offesa a parole dal maschio è una vera mazzata. Sì, sono parole, ma sono parole che ‘uccidono’, umiliano, disprezzano la persona. E quando questo avviene in una famiglia, siamo già giunti a un momento pericoloso. Le relazioni scricchiolano, l’amore cala, con conseguenze orrende. Si fa presto a dire che basti chiedere scusa e tutto si riaggiusta. Può accadere una volta, forse due, ma poi tutto diventa difficile, tutto si complica. Si comincia a parlare di meno, la tristezza prende il sopravvento e via dicendo. Con le parole non si scherza, soprattutto tra coniugi, tra conviventi. Certi uomini hanno l’abitudine di fare battute pesanti sulla propria moglie davanti agli amici, facendoli sorridere. Del tipo: ‘non capisci nulla, sei una donna’ o, ancora peggio, usando parole volgari. Ma la consorte o la convivente non sorride e si sente umiliata, come la persona che non vale niente di fronte agli amici. Sono fatti che avvengono, ma che lasciano un segno. E non sono ‘femminicidi’ anche questi?

“Nel Vangelo di Matteo, Gesù dice che “chi si adira con il proprio fratello” o “chi gli dice stupido” o “chi gli dice pazzo” è come ucciderlo – si legge nella nota di Cerri – Certe parole pesano, sono come dei macigni che schiacciano. Il rispetto della donna, ma di ogni persona, inizia dal modo di rivolgersi nei suoi riguardi. E in questo anche i bambini, i ragazzi e i giovani dovrebbero esser educati, a partire dalla famiglia e dalla scuola e, perché no, dalla comunità ecclesiale. Un  figlio che sente il padre offendere sua madre, quale idea si fa di lei? Viene educato a pensare che una donna non vale niente e che si può insultare tranquillamente. Strapparsi le vesti, stupirsi quando avviene l’uccisione fisica di una donna serve a poco, se ognuno non incomincia a cambiare sé stesso nei confronti delle donne che fanno parte della propria famiglia e della comunità che frequenta – conclude – Che non passi la giornata dell’otto marzo come una festicciola di calendario o come una sagra”. 

 

 

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