Nel rapporto Ires Cgil tutti i problemi dell’economia toscana

L’inflazione erode i salari, occupazione sempre più precaria, manifatturiero in crisi. E crescono le preoccupazioni legate al Pnrr

L’economia toscana tiene, il portafogli dei lavoratori no. La fotografia, poco confortante, arriva dall’ultimo focus Ires, il centro studi della Cgil Toscana, intitolato “L’economia tiene? Per chi?”.

La ripresa sta rallentando, l’occupazione è sempre più precaria (vanno in pensione i tempi indeterminati e vengono assunti giovani con contratti a termine), l’inflazione erode i salari, il manifatturiero è in crisi, mentre il ridimensionamento del Pnrr produrrebbe effetti pesantissimi su economia ed occupazione regionale (un punto di Pil e 20mila posti di lavoro).

Sul fronte stipendi, il focus rileva come aumenti il monte salari ma – per via dell’inflazione – pro capite si perda il 7% ne 2022 e il 3% nel 2023 (in due anni perdita dunque del 10% del salario reale).

Per quanto riguarda l’occupazione, nel 2022 solo il 29% dei nuovi assunti era a tempo indeterminato; il saldo in due anni è negativo, -55mila mentre aumentano di 127mila unità i contratti precari.

Quanto al Pnrr, gli investimenti sono solo al 31,5% di messa a terra effettiva; entro fine settembre l’Italia dovrebbe raggiungere il 49,4%. Si è quindi ben lontani da questo step, i ritardi riguardano in particolare i progetti infrastrutturali più grandi e quelli a carico dei comuni più piccoli, dove anche in Toscana si registrano ritardi. Il rischio è la perdita di parte del plafond a disposizione. La non attuazione completa del Pnrr avrebbe un impatto molto forte in regione, pari ad almeno un punto di Pil, con conseguenze pesanti sulle aziende, in particolare del comparto delle costruzioni. Una esecuzione per ipotesi limitata al 75% del Piano di ripresa e resilienza in Regione, metterebbe a rischio non meno di 20mila posti di lavoro nel biennio 2024-2025.

“C’è lo stridente ossimoro rappresentato dalla realtà raccontata dalle principali istituzioni economiche e finanziarie internazionali e la realtà evidenziata dal peggioramento delle condizioni materiali di vita di moltitudini di persone nel mondo, compreso il nostro Paese e la nostra regione. La Toscana ha le sue perduranti contraddizioni fatte di sempre maggiori ombre rispetto alle luci che persistono pur in un quadro di affievolimento della luminosità. Pur registrando, a saldo del 2022, qualche decimale in più in termini di crescita rispetto alla media nazionale, la Toscana vede però continuare la discesa dell’export rispetto all’import e la conferma di un numero molto significativo di persone ‘full time equivalent’ rispetto alle ore di cassa integrazione richieste dal sistema delle imprese”, il commento di Gianfranco Francese, presidente di Ires Toscana.

I giovani

In Toscana i giovani tra i 15 e i 34 anni sono 690mila. Il 51,1% sono occupati, il 6,5% è in cerca, il 32% impegnato in studi o formazione. Il 18,7% sono Neet (non studiano né lavorano), dato ben sotto la media italiana e soprattutto di quella del Sud Italia. “I Neet toscani non è che non hanno voglia di lavorare come qualcuno vorrebbe dipingerli, sembrano più che altro scoraggiati e quindi è dovere della politica costruire politiche del lavoro più efficaci”, si legge nel rapporto.

La crisi del manifatturiero

“Nel 2022 abbiamo resistito, nel 2023 lo scenario ha tinte più cupe. In Toscana uno dei settori in difficoltà è il manifatturiero: Gkn a Firenze, Sanac a Massa, Whirlpool a Siena, Venator a Grosseto, Jsw a Piombino, Fimer ad Arezzo, tutte grandi aziende in difficoltà. Occorre un ruolo maggiore del pubblico in economia, ma non elargendo soldi a pioggia senza rendiconti, servono vincoli più stringenti, legati alla qualità dell’occupazione, per le aziende che ricevono soldi pubblici. Non è pensabile una Toscana basata solo su servizi, commercio e turismo, ci vuole sostegno al manifatturiero con politiche industriali e con infrastrutture più efficienti, altrimenti si rischia di perdere aziende – le parole del segretario regionale Rossano Rossi – Va smontata la propaganda secondo cui va tutto bene: siamo preoccupati, posti di lavoro precari, stipendi bassi, giovani sfruttati, e se non accettano certi lavori con condizioni pietose fanno bene”.

La desertificazione bancaria

Tra il 2008 e il 2022 in Toscana sono scomparsi quasi mille sportelli, con una riduzione pari a circa il 40%. Nel 2008 ogni sportello serviva 1.443 residenti. a distanza di 15 anni, il dato è schizzato ad oltre 2.300 residenti medi per sportello attivo. Negli ultimi cinque anni la Toscana ha perso in percentuale più del doppio degli addetti del resto d’Italia (-17% contro -8%). Si tratta di 3.600 addetti in meno di cui circa due mila solo nel corso del 2022. Le continue cessazioni di sportelli bancari tendono ad alzare in modo significativo il tasso di chiusura delle relazioni con la clientela imprese; inoltre, sempre lo stesso studio sottolinea come la chiusura di una filiale determina un aumento dello spread creditizio tra imprese più grandi e più piccole. In sostanza, un percorso di riduzione della presenza bancaria sul territorio regionale, operato a partire da una mera ottica efficientista/mercatista, tende in primo luogo alla marginalizzazione delle cosiddette aree interne. Si tratta, per la Toscana, di 200 comuni, pari al 69% delle entità comunali ed al 30% circa della popolazione, ovvero circa 1 milione e 100 mila abitanti.

Sostieni l’informazione gratuita con una donazione

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di Lucca in Diretta, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.