Carlino Del Bianco, professore partigiano

28 marzo 2018 | 10:20
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Carlino Del Bianco, professore partigiano

Figlio unico di un’agiata famiglia lucchese, Carlo Del Bianco (Lucca, 13 gennaio 1913 – Rovigo, 31 marzo 1944) frequenta il liceo classico Machiavelli. Risale agli anni liceali l’ostilità di Del Bianco al regime fascista, condivisa da una gruppo di compagni di scuola e amici tra cui si ricordano Nino Russo Perez, Arturo Paoli, Arrigo Giannini, Romeo Giovannini, Giulio (Arrigo) Benedetti e Guglielmo Petroni. Spirito critico e insofferente, è l’unico, come afferma Nino Russo Perez nel suo libro Amici di lucchesia, ad aver letto qualche cosa di Marx e Antonio Labriola.

Si iscrive alla facoltà di lettere dell’università di Pisa, ma si laurea all’università di Firenze nel novembre 1938, riportando la votazione di 108/110. La sua tesi di laurea in filosofia della scienza, non in sintonia gli orientamenti culturali allora dominanti all’università di Pisa, viene per ben due volte rifiutata dagli ambienti accademici di quell’ateneo. Ancora studente universitario, inizia a insegnare come supplente. Ottiene incarichi in varie scuole lucchesi, fra cui l’istituto d’arte Passaglia, il liceo scientifico Vallisneri e, infine, il liceo classico Machiavelli dove ricopre la cattedra di storia e filosofia. Il 24 maggio 1942, nell’anniversario dell’ingresso dell’Italia nel primo conflitto mondiale, un volantino distribuito in tutta Lucca incita gli italiani al riscatto dal fascismo: un’iniziativa che suscita grande clamore in città promossa da un gruppo di giovani antifascisti che si riuniva clandestinamente in casa Del Bianco. Il 26 luglio 1943 il giovane professore è tra gli organizzatori della manifestazione che percorre le vie della città, festeggiando la caduta del fascismo. Anello di congiunzione tra i vecchi e i nuovi antifascisti lucchesi, dopo l’8 settembre, il professor Del Bianco sollecita i giovani di leva a organizzarsi per nascondere in Garfagnana le armi del distretto militare di Lucca. Il primo nucleo guidato dal docente antifascista muove da Lucca il 20 settembre e raggiunge Campaiana, sopra Corfino. Più tardi, rafforzato da altri giovani provenienti dal movimento studenti di Azione cattolica, di cui era responsabile don Arturo Paoli, arriva a contare 21 componenti: una piccola formazione partigiana, probabilmente la prima della provincia di Lucca. Il comitato di liberazione nazionale lucchese, però, non dà mai l’ordine per una qualunque azione; anzi, nel dicembre 1943 giunge la direttiva di nascondere le armi e disfare la formazione, dato che ogni attività militare sembra prematura. Intanto, la guardia nazionale repubblicana scopre l’esistenza della formazione, individua i nomi dei membri e inizia a interrogare e arrestare parenti e amici: alcuni dei giovani antifascisti sono fermati e minacciati, mentre la condizione del docente diventa sempre più precaria e pericolosa. All’interno del Cln si decide allora di allontanare da Lucca al più presto Carlo Del Bianco. Roberto Bartolozzi, operaio della Teti e partigiano comunista, destinato a cadere a sua volta nelle strade di Lucca alcuni mesi più tardi, lo accompagna a Firenze dove Del Bianco sale sul treno che deve portarlo a Venezia per incontrare il fidato amico e compagno di studi liceali Nino Russo Perez. Non lo trova e allora il docente lucchese riprende il treno per tornare indietro. Alla stazione di Padova irrompono nel vagone due Ss: temendo di essere scoperto, Del Bianco è costretto ad abbandonare il convoglio in corsa all’altezza di Rovigo. Un salto rovinoso che lo lascia gravemente ferito lungo i binari. Portato in ospedale, subisce l’amputazione di entrambe gli arti inferiori e muore alcuni giorni più tardi. Nel posto dove è raccolto quasi agonizzante, un mucchietto di cenere testimonia che Del Bianco, con le ultime forze residue, si è liberato di fogli e documenti da lui ritenuti compromettenti per la rete cospirativa antifascista. Con questi versi lo ricorda l’amico Nino Russo Perez: “Ma a chi di noi / t’ha chiuso in un lenzuolo / d’aromi e ha rotolato / sopra di te la pietra del sepolcro / tu sfuggi cancellandoti di luce”.

Luciano Luciani