Ex manifattura, il professor Baroni: “Comune dia precise guida al finanziatore per un progetto identitario”

Nuovo intervento sul recupero dell’area: “Senza i privati gran parte del patrimonio culturale in Italia sarebbe in abbandono”
Ex manifattura, un’altra proposta sul tavolo. È quella del professor Fabio Baroni. Che chiede al Comune di dare al finanziatore, qualunque esso sia, una serie di linee guida sul futuro della struttura.
“Come intellettuale indigeno – esordisce – che ha sempre fatto politica controcorrente mi sono appassionato a Lucca ed ai progetti sulla Manifattura Tabacchi perché Lucca è un oggetto del genio umano irripetibile ma anche salvabile, soprattutto perché lo stesso genio l’ha costruita ponendo forti ostacoli (le mura) a sé ed alla dissoluzione che altre città storiche hanno avuto. Ho scritto anche brani di proposta ed ho letto tutti gli interventi ed oggi mi viene il dubbio se valga la pena di impegnarsi in questa discussione e battaglia”.
“La questione si può affrontare con due obbiettivi – spiega – Voler confezionare un progetto per salvare e rilanciare la manifattura nel rilancio della città (che è in evidente crisi) e allora mi interessa. Combattere, anche con la manifattura e Lucca, una lotta politica intestina alla città che pare – vista da fuor i- orientata all’appuntamento previsto a breve per l’elezione del sindaco e dell’amministrazione, e non mi interessa per niente. Credo, dunque, che – per prima cosa – si debba chiarire l’obbiettivo della discussione”.
“In secondo luogo, ho letto le varie proposte, e non le giudico – prosegue il professore – ma devo dire che non ne ho trovata alcuna che abbia l’obbiettivo primario di rilanciare la specifica città di Lucca. Mi spiego: va rilanciata, nello specifico, Lucca e non una città ideale e generica. Le proposte che leggo vanno bene per qualsiasi città e sono, in sé e in questa logica, valide tutte, da quella avanzata dal Comune a tutte le altre. Ognuna dice un uso dei muri, del tetto, dei piazzali, dei solai, delle stanze di un edificio situato in Lucca. Ma noi non dobbiamo stabilire l’uso di un edificio generico ma la funzione attiva futura della manifattura tabacchi dentro Lucca e in un quadro di rivitalizzazione di Lucca. I luoghi non sono mai neutri: essi richiamano emozioni e sentimenti popolari che sono sanciti – come paesaggio – nella Convenzione europea del paesaggio di cui il Consiglio d’Europa festeggia il ventennale. Di questo dobbiamo parlare: di cosa è Lucca; di cosa è la manifattura tabacchi dentro Lucca. Così si può trovare un fil rouge e una linea guida, Buttando nei fossi due cose, un ossimoro, una contraddizione in termini: il provincialismo, per cui ogni proposta, purché arrivi da qualche città o centrale blasonata, ha valore, quale che sia; il campanilismo, opposto, per cui, alla fine, però, non si guarda mai fuori delle Mura (è un problema di tutte le città, non di Lucca solamente, è ovvio) per vedere come hanno fatto altrove nell’obbiettivo di ritrovare l’anima della loro città. Quando dico che Dublino ha fatto del suo santuario, la Guinness, lo strumento del suo riscatto e rilancio, dico quello. Dublino ha trovato la sua strada nell’identità di Dublino. E dove doveva trovarla, sennò? E così, avevo fatto l’esempio della fabbrica Martell a Cognac. Ma ce ne sono molti altri. La via, l’identità è già dentro le Mura di Lucca: va solo cercata seriamente e si trova“.
“Lucca è la seta – dice il professore – La manifattura – parola bellissima che indica il fare a mano, così raro oggi – è il sigaro toscano. Quelle due cose dicono pezzi dello spirito produttivo e commerciale di Lucca e dei lucchesi: si parte da lì. Poi, nei fossi anche la politica e le elezioni comunali, e si inizi a fare i conti: i discorsi non sono tutti belli ma anche quelli belli sono discorsi. E qui ci vogliono calcina e mattoni, e cioè milioni di euro per affrontare la manifattura. E, dunque, ai fossi anche la teoria – in questo campo, che non è la scuola o la sanità – del primato del pubblico (pubblico è meglio) che non è dimostrato mai. Se non ci fosse il privato, gran parte del patrimonio storico italiano (castelli, ville, giardini, eccetera) sarebbe come la manifattura, fatiscente, e l’esempio dei castelli della Lunigiana mostra come, salvo rare buone pratiche, la gestione pubblica sia fallimentare. Ma non è detto nemmeno che privato è meglio. Noi abbiamo bisogno, dato che servono milioni che il pubblico non ha, di privati i quali, però, in ambiti come Lucca, devono operare con spirito pubblico, pur facendo il loro interesse e profitto. Ridare vita alla manifattura tabacchi, anche se fatta da un privato (e ben venga) è un’opera pubblica perché quello non potrà mai essere un edificio privato: esso appartiene alla città. La Guinness, a Dublino, è un edificio privato ma con funzione pubblica: è un bene della città e non solo della Guinness. E, dunque, alziamo il tiro sapendo che di questo parliamo. Via dunque il provincialismo: a Lucca c’è chi può progettare Lucca (come nel Medioevo). Via dunque il campanilismo: l’idea madre, il modello, da adeguare alla realtà di Lucca lo possiamo trovare anche a Dublino e in tanti altri luoghi. Perché i lucchesi non sono né meglio né peggio di altri”.
“Ma Lucca è un’idea, e un’identità che va ben oltre il trito dibattito politico otto-novecentesco: essa è un patrimonio dell’umanità. Ed è centrale nel mondo – conclude il professore – Se si parte da lì, il Comune può guidare una revisione complessiva del progetto, chiedere che si faccia business ma su un progetto identitario di Lucca, prendere il tempo necessario per fare le cose, senza perdere il finanziatore. La Guinness a Dublino fa grandi affari. La proposta è semplice: salvare capre e cavoli. Non perdiamo il finanziamento e il finanziatore, senza cui la discussione è aria fritta, e ritroviamo e rilanciamo l’anima di Lucca, la sua identità. Il Comune ci pensi: si può salvare capre e cavoli se ci sarà una linea guida che esso darà al finanziatore, quale che sia. Ecco, questo varrebbe la pena di una discussione”.