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Con Landini a Lucca entra nel vivo la campagna per i referendum della Cgil. Simonetti: “Così aiutiamo chi sta peggio”

1 maggio 2025 | 11:05
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Con Landini a Lucca entra nel vivo la campagna per i referendum della Cgil. Simonetti: “Così aiutiamo chi sta peggio”

Il segretario generale di Lucca traccia la rotta verso il 7 e 8 giugno: “Meno precarietà e più diritti sul lavoro a vantaggio di tutti”

Cinque quesiti per il lavoro e la cittadinanza. Si infiamma anche a Lucca la campagna per i referendum del 7 e dell’8 giugno.

Per far conoscere i motivi del referendum e per incontrare i cittadini sabato (3 maggio) alle 10 al mercato di piazzale Don Baroni arriverà il segretario nazionale della Cgil, Maurizio Landini, impegnato in un tour in Toscana a due giorni dalle celebrazioni del Primo maggio.

Ne abbiamo parlato con il segretario generale della Cgil di Lucca, Fabrizio Simonetti, che come tutto il sindacato è impegnato in prima linea nel ‘rush finale’ verso il voto di giugno

“L’idea per l’appuntamento di sabato – spiega Simonetti – è quello andare fra le persone. Sabato mattina con il segretario saremo al mercato rionale, che è molto frequentato, e accompagneremo il segretario Landini fra i banchi per incontrare le persone confrontarsi con loro prima sul fatto della conoscenza dell’appuntamento del referendum e poi per spiegarne le ragioni“.

Simonetti è convinto dell’importanza del voto “per un lavoro più tutelato, dignitoso, stabile e sicuro” come recita lo slogan dei volantini del sindacato che invitano a votare cinque sì.

“Troppo spesso – spiega Simonetti – ci sono persone che guardano al loro particolare. In particolare coloro che, fuori dal ciclo lavorativo perché in pensione non guardano alla condizione lavorativa dei giovani. Eppure sono proprio le giovani generazioni, che hanno contributi lavorativi ridotti e percorsi discontinui, che devono pagare i contributi per quelli che sono in pensione. Rendere quindi meno precario il lavoro e consentire una qualità di vita migliore e avere diritti per tutti va a vantaggio della stragrande parte della popolazione“.

“Noi abbiamo accomunato questo appuntamento – spiega il segretario – alle grandi riforme degli anni Settanta, con una serie di incontri qui in sede. Sono ormai decenni che il lavoro è il soggetto debole del sistema produttivo. Si scarica, infatti, sul lavoro la riduzione dei costi, diminuendo il rischio di impresa. Non a caso l’Italia è il paese dell’Ocse che negli ultimi anni non solo non ha registrato aumenti di salario, ma ha visto addirittura diminuire il potere d’acquisto. Le giovani generazioni sono quelle che più hanno pagato con i bassi salari e stipendi che determinano l’impossibilità di costruirsi un percorso di vita da una parte. Dall’altro lato c’è anche la questione della sicurezza sul lavoro. Qui siamo in gran parte nel settore degli appalti e subappalti, in cui chiediamo la reintroduzione della responsabilità dell’azienda appaltante per le condizioni di lavoro. Se l’appaltatore si toglie quella responsabilità nella catena di subappalto si va a risparmiare in particolare sul settore sicurezza”.

C’è poi il tema della cittadinanza: “Il quesito punta a ripristinare una norma in vigore fino al 1992 – spiega il segretario – Dover attendere dieci anni per chiedere la cittadinanza, con le lungaggini amministrative e i tempi tecnici che portano l’attesa anche a 12-13 anni, non è accettabile. Significa avere per un decennio persone prive di diritti civili e politici, seppur paghino le tasse e siano pianemente integrati”. La proposta è di ridurre a cinque gli anni per poter esercitare il diritto.

Oltre all’importanza dei quesiti Simonetti pone sotto la lente anche l’importanza dello strumento referendario: “Il referendum è un elemento vero di civiltà. Se si raggiungesse il quorum oltre a ottenere il miglioramento della qualità di vita delle persone nel lavoro sarebbe un segnale in controtendenza rispetto ai vari schieramenti politici che negli anni hanno penalizzato il mondo del lavoro. Siamo consapevoli di essere in tempi in cui l’apatia è generalizzata e in cui la disaffezione egli elettori è andata aumentando. Ma è arrivato il momento di non delegare più i propri diritti e i propri interessi a terzi. Ci auguriamo quindi che si possa raggiungere il risultato”.

La Cgil, in questa mobilitazione, non è certamente sola: “Oltre alla Cgil sono molte le associazioni che partecipano e che si sono impegnate già fin dalla raccolta delle firme per ottenere i referendum, fa cui anche la Caritas Diocesana, che ha partecipato al coordinamento provinciale. Entriamo nell’ultimo mese e quindi nell’ultimo miglio della campagna. La percezione è che ora si cominci a parlare di questi argomenti, anche in televisione e sui giornali. Il nostro intendimento è di incentivare il dibattito il più possibile e per questo stiamo utilizzando gli strumenti della propaganda politica tradizionale e anche i vari strumenti di informazione”.

Il panorama politico, e anche quello sindacale, sul tema è frastagliato: “Il centrosinistra e diverse associazioni sono impegnate in prima linea per ottenere il risultato, salvo Italia Viva e + Europa. I partiti di centrodestra, invece, almeno ufficialmente non supportano questo referendum. Dispiace, inoltre, che sul tema non ci sia l’unità sindacale perché la Cisl si è smarcata perseguendo altre strade. Poteva essere un’occasione per dare un contributo importante”.

La campagna referendaria arriva, a Lucca, proprio nell’anno che ha visto superare in provincia quota 40mila iscritti: “Un risultato molto buono – commenta Simonetti – dovuto alla qualità dei nostri quadri sindacali e anche ai servizi, che creano fiducia nei confronti delle persone. Al di là della soddisfazione questo dimostra, numeri alla mano, che non è vero che la gente non si rivolge più al sindacato o che il sindacato non conta. È una struttura cui il cittadino si rivolge con fiducia per far valere i propri diritti”.

Quali dunque le priorità per l’attività sindacale? “Sono priorità in qualche modo collegate ai referendum. Il primo tema è quello della sicurezza. Morire, rimanere menomati per un lavoro non è accettabile. L’altro tema è quello della precarietà del lavoro, legato in particolare a comparti come quello turistico e alberghiero e alla disapplicazione dei contratti, come nel caso della nautica, dove esiste una giungla normativa e non si sa chi ci lavora e quali contratti vengano applicati. All’opposto c’è la realtà del cartario, dove è maggiore la possibilità di chiedere e ottenere il riconoscimento dei propri diritti. Un tema è anche quello dell’abitazione di cui ci occupiamo tramite il Sunia. È un problema che riguarda Lucca e altre città: occorre dare risposte a chi ha bisogno della casa. Non esiste a Lucca così come altrove una edilizia popolare, che renda case accessibili a chi è giovane e ha bisogno di costruirsi un percorso e non ha le possibilità. Si marca sempre di più la disuguaglianza fra chi è incluso perché possiede una casa di proprietà per reddito o per eredità e chi è escluso. Chi è incluso ha un certo percorso, chi è escluso ha molte più difficoltà e non trova una risposta da parte delle istituzioni e della politica”.

Chiusura con un appello al voto: “Andiamo a votare, esercitiamo un diritto. La libertà e la democrazia sono una conquista giorno per giorno, che va mantenuta e incentivata. Anche votare è un privilegio, che non dappertutto è garantito e che in questo caso possiamo esercitare con il sistema ‘una testa un voto’, che rappresenta l’essenza della democrazia”.

I quesiti referendari presentati dalla Cgil

1 – Stop ai licenziamenti illegittimi
Il primo dei quattro referendum sul lavoro chiede l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti del Jobs Act. Nelle imprese con più di 15 dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo. Sono oltre 3 milioni e 500mila ad oggi e aumenteranno nei prossimi anni le lavoratrici e i lavoratori penalizzati da una legge che impedisce il reintegro anche nel caso in cui la/il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto. Abroghiamo questa norma, diamo uno stop ai licenziamenti privi di giusta causa o giustificato motivo.

2 – Più tutele per le lavoratrici e i lavoratori delle piccole imprese
Il secondo riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese. In quelle con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora una/un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto. Questa è una condizione che tiene le/i dipendenti delle piccole imprese (circa 3 milioni e 700mila) in uno stato di forte soggezione. Obiettivo è innalzare le tutele di chi lavora, cancellando il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato affinché sia la/il giudice a determinare il giusto risarcimento senza alcun limite.

3 – Riduzione del lavoro precario
Il terzo punta all’eliminazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine per ridurre la piaga del precariato. In Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. Rendiamo il lavoro più stabile. Ripristiniamo l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato.

4 – Più sicurezza sul lavoro
Il quarto interviene in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Arrivano fino a 500mila, in Italia, le denunce annuali di infortunio sul lavoro. Quasi 1000 i morti, che vuol dire che in Italia ogni giorno tre lavoratrici o lavoratori muoiono sul lavoro. Modifichiamo le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Cambiamo le leggi che favoriscono il ricorso ad appaltatori privi di solidità finanziaria, spesso non in regola con le norme antinfortunistiche. Abrogare le norme in essere ed estendere la responsabilità dell’imprenditore committente significa garantire maggiore sicurezza sul lavoro.

5 – Più integrazione con la cittadinanza italiana
Il quinto referendum abrogativo propone di dimezzare da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana, ripristinando un requisito introdotto nel 1865 e rimasto invariato fino al 1992. Nel dettaglio si va a modificare l’articolo 9 della legge 91/1992 con cui si è innalzato il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia ai fini della presentazione della domanda di concessione della cittadinanza da parte dei maggiorenni.
Il referendum sulla cittadinanza Italiana non va a modificare gli altri requisiti richiesti per ottenere la cittadinanza quali: la conoscenza della lingua italiana, il possesso negli ultimi anni di un consistente reddito, l’incensuratezza penale, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica. Questa modifica costituisce una conquista decisiva per circa 2 milioni e 500mila cittadine e cittadini di origine straniera che nel nostro paese nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano. Allineiamo l’Italia ai maggiori paesi europei, che hanno già compreso come promuovere diritti, tutele e opportunità garantisca ricchezza e crescita per l’intero Paese.