
“C’è bisogno di un salto di qualità culturale. Nella politica e nelle amministrazioni le donne stanno conquistando spazi paritari agli uomini, lo si vede nelle giunte comunali come anche in quella regionale. Ma attraverso i media emerge che ancora il genere femminile viene valutato più per aspetti formali che sostanziali”. Così il presidente del consiglio regionale, Eugenio Giani, in apertura del convegno del Corecom toscano Who makes the news?.
Al centro dell’incontro in palazzo Bastogi, organizzato in collaborazione con la commissione regionale per le pari opportunità, l’ordine dei giornalisti e l’associazione stampa toscana, la rappresentazione femminile nei volti e nei contenuti dell’informazione locale. Giani, riconoscendo l’importanza dei temi e degli approfondimenti posti all’attenzione della platea grazie a Glocal media Monitoring Project 2015 – ricerca realizzata dall’Osservatorio di Pavia con il contributo anche di Corecom Toscana -, ha definito il Comitato presieduto da Sandro Vannini “uno degli organismi più vitali” nel panorama regionale. Entrando nel merito di alcuni dei dati riportati nella ricerca il presidente del Consiglio regionale ha parlato di “un deficit di rappresentanza di genere, che ci induce a riflettere sulla necessità di un cambio di marcia”. D’altra parte, ha aggiunto Giani parlando della sua esperienza nelle istituzioni, “il lavoro delle donne, quando sono messe in condizioni di svolgerlo, è molto più incisivo e forte”.
“Il cammino dell’emancipazione femminile passa anche dall’informazione e dal modo di fare notizia”. Parola della presidente della commissione regionale pari opportunità, Rosanna Pugnalini, che ha partecipato al convegno del Corecom toscano, invitando a riflettere sugli stereotipi nel mondo dei media.
“Dopo settanta anni dal voto alle donne ci sentiamo ancora un po’ suffragette – ha commentato – Nonostante gli innegabili progressi fatti siamo ancora impegnate per uscire da ambientazioni stereotipate e bicolori, del tipo ‘donna perfetta’ o ‘come fa’ a far tutto”, con visibilità minima riservata a figure forti, competenti e autorevoli”. Basti pensare alla spettacolarizzazione delle giovani politiche. “I riflettori si accendono soprattutto quando sono anche carine e sono giudicate più per l’aspetto fisico e per l’abbigliamento che per meriti professionali” ha affermato. “Tutto questo può essere anche benevolo ma resta sessismo, magari aggiunto agli stereotipi meno benevoli dell’essere considerate troppo dolci per comandare o troppo emotive per decidere”. “Da questo a presentare le donne in politica come replicanti o fedelissime del leader di turno il passo è sempre troppo breve e toglie autorevolezza e prestigio” ha continuato. “Eppure da oltre venti anni, con la risoluzione del Consiglio d’Europa del 1995, sull’attenzione che deve essere data all’immagine dell’uomo e della donna sia nei mezzi di comunicazione che nella pubblicità, l’indicazione è quella del superamento degli stereotipi di genere, proprio per l’influenza che gli stessi hanno sulla società”. Da qui l’invito della presidente a far mente locale sulle pubblicità: per gli uomini si privilegia il lavoro, per le donne le immagini provocanti. Quindi lavoratori gli uomini, modelle o veline le donne. L’unica alternativa è la moglie casalinga. “Fino ad arrivare al paradosso che mentre i media continuano a proporci il modello di mogliettine felici e madri prolifiche, rappresentazione rimasta quasi invariata dagli anni cinquanta, da noi il tasso di natalità è tra i più bassi del mondo”, ha commentato Pugnalini.
E riprendendo la ricerca dell’Osservatorio di Pavia: “di questo passo le donne potrebbero raggiungere una presenza paritaria nell’informazione locale fra più di cento anni! In concreto, i progressi complessivi sulla presenza delle donne nelle notizie, soprattutto in una presenza ‘qualificata’, si fermano a pochi punti percentuali. Troppo poco per promuovere una immagine più inclusiva, articolata e moderna dell’universo femminile”. Da qui l’urgenza anche sul fronte dei media di “un rinnovato e più incisivo impegno da parte di tutte e tutti noi”.
In sintesi: se le notizie a cura di giornaliste riescono a sfidare con maggiore incisività gli stereotipi sessisti, vanno inserite più donne nelle redazioni. Se le competenze femminili esistono, ma non trovano visibilità, vanno modificate abitudini consolidate, nei professionisti e nelle professioniste, per avere una informazione più inclusiva e rispettosa. Secondo la presidente l’attualità ci dice che l’informazione resta ancora troppo influenzata da stereotipi che poi, passando dai media, influenzano a loro volta la cultura e le relazioni sociali delle nostre comunità. “Anzi, non so come la pensate voi, ma io mi sentirei di dire che spesso televisioni e mezzi di comunicazione invece di accompagnare il cambiamento culturale, che comunque seppure a fatica si affaccia nella società, sembrano resistergli”, ha affermato. Solo alcuni esempi: basta parlare del femminicidio come delitto passionale o conseguenza di gesti di follia; basta sacrificare le donne sull’altare dell’auditel; basta veder morire le donne a tutte le ore, anche nella cosiddetta fascia protetta. Sì ad un nuovo e diverso racconto del mondo, fatto anche di donne libere, indipendenti e protagoniste della propria vita.
“Come donne continueremo a percorrere il sentiero della totale emancipazione – ha concluso Pugnalini – Nell’acquisita consapevolezza che avere un diritto e vedersi riconosciuta la possibilità di esercitarlo non è la stessa cosa, lavoreremo per superare una uguaglianza semplicemente formale”.
Il presidente del Corecom Toscana, Sandro Vannini, ha sottolineato l’importanza della ricerca svolta dall’Osservatorio di Pavia, cui appunto il Corecom si è rivolto per analizzare la rappresentazione della donna nei media. “Abbiamo realizzato questa ricerca sia per quanto riguarda le notizie sulle donne sia per quanto riguarda il ruolo delle donne nel giornalismo televisivo. La rappresentazione di genere è in ritardo in Italia rispetto agli standard europei. E questo è un dato preoccupante. Se gli uomini devono fare un passo indietro, le donne lo devono fare in avanti, anche battendo i piedi, con determinazione ed orgoglio”. E poi: “Abbiamo analizzato un numero significativo di testate televisive toscane. Dallo studio emerge che c’è una sottorappresentazione, nei telegiornali e nelle tivù locali, degli accadimenti che riguardano le donne. Le donne non sono intervistate come opinion maker rispetto alle notizie ma come semplici testimonianze. Questo segue anche il trend nazionale, che ha una rappresentatività di genere non virtuosa. Rispetto agli ultimi anni, dal 2010 in particolare, non ci sono state significative evoluzioni di questo quadro. Abbiamo atteso la festa della donna per enfatizzare un’inversione. Vorremmo fare della Toscana una best practice e invitare a intervistare di più le donne, e sentire di più le loro opinioni”.
Il presidente dell’Associazione stampa della Toscana, Sandro Bennucci, ha invece voluto ringraziare il presidente Eugenio Giani ricordando che “ha dato una vera sala stampa ai giornalisti” con riferimento all’inaugurazione, nel giugno scorso, della sala intitolata ad Oriana Fallaci che, andandosi ad aggiungere a quella attigua dedicata ad Indro Montanelli, ha dotato l’Assemblea regionale di un sistema a supporto dei giornalisti che non ha pari in Toscana. “Per noi è stato un grande risultato e non finirò mai di ringraziarlo”, ha detto Bennucci. Che poi, dopo aver avuto parole di elogio anche per il presidente del Corecom Sandro Vannini e per il docente Carlo Sorrentino dell’università di Firenze, ha ricordato alcuni aspetti della sua vita professionale e di come le donne, almeno numericamente, siano aumentate dagli anni Sessanta ad oggi, evidenziando ciò come un “fatto postivo” anche se c’è ancora strada da percorrere.
Come poter dare più voce e più spazio alle donne nell’informazione? A questa domanda ha risposto la vicepresidente della Giunta regionale Monica Barni: “I dati della ricerca oggi presentata non sono certo incoraggianti, ma studi di questo genere aiutano a tenere alta l’attenzione e ci spronano ad agire con sempre più determinazione”. Due le strade da seguire: “ricerche sempre più aggiornate su tali problematiche e, soprattutto, lavoro capillare e azione educativa sui piccoli, per una parità di genere che diventa realtà a partire dai banchi di scuola”.
I dati della ricerca
La ricerca è stata illustrata da Monia Azzalini, ricercatrice dell’Osservatorio di Pavia, che ha definito un “progetto” lo studio presentato questo pomeriggio.
“L’informazione locale mostra ancora oggi un profilo maschile”, ha evidenziato la Azzalini. “Le donne nelle notizie, come giornaliste o fonti, sono infatti il 18,7 per cento, con un incremento solo dell’1,5 per cento rispetto al 2010. Un incremento troppo esiguo. Tanto che di questo passo ci vorranno più di cento anni per raggiungere un’equa rappresentanza di genere”.
La ricerca, che è stata commissionata dal Corecom, evidenzia che è un fenomeno “storico e globale” anche la marginalizzazione delle donne nelle pagine più rilevanti dell’informazione, ad esempio nelle notizie di politica, economia, sport. Ma le donne, secondo quanto evidenzia la ricerca, sono poche anche in veste di portavoce di enti, istituzioni, partiti, governi e associazioni: solo il 12 per cento a livello locale, il 13 per cento a livello nazionale e il 20 per cento a livello mondiale.
“Le donne hanno in genere più probabilità di far notizia come vittime, o sopravvissute, compreso il fatto di essere vittime di violenze o crimini, e in questo senso esistono in proporzione il doppio, o anche più, degli uomini”, ha continuato la Azzalini entrando nel merito della ricerca. E ha aggiunto che il fenomeno “finisce per mantenere un’immagine femminile di debolezza, non abbastanza bilanciata dalla esigua visibilità di donne forti, autorevoli, competenti, con ruoli attivi e rilevanti nella società”. Nel complesso, secondo quanto emerge, il raggiungimento dell’obiettivo di parità fissato a Pechino nel 1995 è ancora molto lontano poiché i media, perlomeno quelli finalizzati all’informazione, non promuovono ancora una rappresentazione bilanciata e non stereotipata delle donne.
Nonostante l’ampia presenza delle donne nelle redazioni locali e di tutto il mondo, ancora vi è una scarsa attenzione nei confronti delle donne, che sono raramente centrali nelle notizie, specie a livello locale dove si è registrata la più bassa percentuale di notizie a centralità femminili.
Le condizioni di disuguaglianza fra donne e uomini che persistono su molti fronti, dall’occupazione alla partecipazione politica, sono raramente messe in rilievo dall’informazione di tutto il mondo, quasi mai a livello locale. Lo stesso dicasi per le notizie che riguardano politiche, norme o altre misure volte a rimuovere gli ostacoli alle pari opportunità tra uomo e donna. E per quanto riguarda gli stereotipi di genere, invece, la difficoltà appare diffusa a tutti i livelli: le pratiche giornalistiche che concorrono a sfidare gli stereotipi di genere ed a promuovere un’immagine più inclusiva, articolata e moderna dell’universo femminile, secondo l’Osservatorio, si esprimono ancora molto poco nei media di tutto il mondo.
Infine, l’intervento di Carlo Sorrentino, docente presso l’università di Firenze, che ha affrontato la tematica della “questione di genere” nel giornalismo italiano. “Siamo di fronte a un fenomeno particolare nel mondo dell’informazione in Italia, con le donne che sono spesso visibili ma spesso senza potere, e al contempo ci troviamo di fronte alla necessità, sempre più urgente, di cambiare questa rappresentazione”, ha detto Sorrentino. Che ha concluso: “Lo sguardo e l’agire delle donne possono aiutare a modificare l’immagine e il ruolo femminile nel mondo dei media”.