Edilizia in Toscana, perso il 40% degli addetti

24 ottobre 2018 | 10:41
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Edilizia in Toscana, perso il 40% degli addetti

Oggi (24 ottobre), la Fillea Cgil Toscana, dopo 321 assemblee nei luoghi di lavoro, si è riunita a Prato, al Museo del tessuto, per svolgere il suo nono congresso.
Dal 2011 al 2017 in Toscana, nell’edilizia, si è perso il 40,5 per cento degli addetti, (da 48.619 a 28.907) e il 27,2 per cento delle imprese edili, (da 10.339 a 7.526, di cui mille negli ultimi tre anni). Il monte salari denunciato è sceso del 20,1 per cento (da 242.665.680 a 193.689.658 euro).
Proprio a Prato la crisi dell’edilizia è stata ancora più pesante: dal 2011 al 2017 si è perso in edilizia il 42 per cento degli addetti (passati da 2.322 a 1.346), mentre le imprese sono scese da 570 a 412 (calo del 27,7 per cento). Il monte salari denunciato è calato del 25,2 per cento (passando da 12.859.776 a 9.618.220). Quanto alla variazione percentuale del valore aggiunto, nel settore delle costruzioni (periodo 2008-2016), si è registrata una riduzione superiore al 38 per cento: uno dei peggiori dati in Toscana secondo l’Istat.

La segretaria della Fillea Cgil Toscana Giulia Bartoli nella sua relazione ha parlato di “una strage di impatto sociale pesante e allo stesso tempo silenziosa. E’ diventata una giungla l’edilizia, in particolare nel sub appalto i cui limiti sono sempre piu aggirati e, tale considerazione, è sostanziata dai dati dell’Ispettorato nazionale del Lavoro: nel 2017, su 34.586 aziende edili ispezionate, il 64,44 per cento delle imprese è risultato irregolare”. Cosa fare per invertire il trend? Per Bartoli si deve puntare su investimenti per infrastrutture, manutenzioni, rigenerazione di edifici già esistenti per “cavalcare quei timidi segnali di ripresa che si intravedono e che non vanno fatti scemare”. Inoltre, settori interi come quello dei laterizi, rischiano di scomparire dalla Toscana, per questo – ha detto la segretaria generale di Fillea Cgil Toscana – “dobbiamo stimolare la riconversione produttiva in un ottica di rilancio dell’economia, sfruttando la versatilità degli impianti favorendo le specificità e promuovendo filiere e marchi per valorizzare il prodotto e rafforzare le debolezze delle imprese. Il codice degli appalti ha introdotto buoni sistemi regolatori di un mercato spesso produttore di irregolarità e illegalità, è uno strumento normativo da migliorare ma da difendere, nei limiti al sub appalto, ad esempio, nel contrasto al massimo ribasso, provando ad includere nelle cifre non soggette a ribasso il costo delle manodopera al pari degli oneri alla sicurezza. A questa difesa la Fillea deve unire la diffusione del DURC per congruità e la lotta al dumping contrattuale e il rispetto dei perimetri dei Contratto nazionale ‘stesso lavoro stesso contratto’ come stiamo provando a fare con la Regione Toscana”.
C’è poi il capitolo sulla sicurezza sul lavoro: in Toscana nel 2017 sono stati registrati dall’Inail 40.076 infortuni. Di questi la classe di età con la più alta incidenza è tra i 45 e i 54 anni ma ben 1.168 hanno coinvolto persone di oltre 64 anni. Nel settore delle costruzioni gli infortuni denunciati sono stati 3.112 nel 2017 e 3.222 nel 2016, registrando una riduzione apparente del 3,4 per cento, a fronte di una tenuta degli occupati in generale, ma un crollo dei lavoratori specificatamente edili dell’11,8 per cento, così da far emergere il reale problema. Mentre per il 2018, già nel periodo gennaio-agosto, abbiamo registrato un aumento del 4,3 per cento rispetto allo stesso periodo nel 2017. Anche gli infortuni mortali sono in crescita tra il 2017 e il 2018: cinque nei primi 8 mesi dell’anno nel settore delle costruzioni, a cui sono da aggiungere purtroppo le tragedie dei mesi successivi. Ultimo in termini di tempo il gravissimo incidente della scorsa settimana in un cantiere di Scandicci dove ha perso la vita un lavoratore e due altri lavoratori sono rimasti feriti. Stessa cosa per il settore dell’estrazione e delle cave: se nel 2017 non c’erano stati infortuni mortali nel 2018 sono già due. “La sicurezza è un tema delicato e serio che ci coinvolge tutti, nessuno dovrebbe utilizzare la fatalità come scusa per giustificare dei numeri, la fatalità non esiste. Esistono i carichi di lavoro, esistono gli orari, esiste la formazione e la manutenzione delle macchine, esiste la necessità di porre un limite al profitto se fatto sulle spalle dei lavoratori. C’è un limite al tempo e alla produzione”, ha detto Bartoli.
Un’altra partita calda per gli edili è quella sulle pensioni: “Del Governo non ci piacciono né il Def né i condoni, né la Flat tax né le modalità del reddito di cittadinanza, ma è positiva la volontà di intervenire sulla legge Fornero – ha spiegato Bartoli – . Il giudizio definitivo lo daremo quando sarà possibile fare un’analisi puntuale di quanti potranno beneficiarne. Le incognite sono però molte: l’Ape social e i lavori gravosi che con il governo precedente eravamo riusciti ad includere, l’opzione donna, la copertura per molti di periodi scoperti da contribuzione: chi perde il posto di lavoro o chi, come l’edile, ha una forte discontinuità. Prima vanno date risposte a chi nella vita ha svolto lavori gravosi e faticosi, i lavori non sono tutti uguali e neanche le prospettive di vita sono le stesse, uguale dovrebbe essere il diritto di vivere una pensione dignitosa e in salute, non rischiando di morire di lavoro. Basta insomma coi nonni sui cantieri, i lavoratori edili fanno un lavoro faticoso e particolare e devono poter andare in pensione prima”.
Nelle osservazioni fatte sulla legge sulle cave e sul Prc presentate alla Regione durante la fase partecipativa, ha spiegato Bartoli, “ci siamo più volte soffermati sulla sicurezza e sul contingentamento. Abbiamo sempre creduto che lo sfruttamento di una ricchezza ambientale e paesaggistica come il marmo possa essere fatta se tale sfruttamento ha le dovute ricadute territoriali, nell’occupazione, negli investimenti, nella responsabilità verso il territorio e anche verso i lavoratori, rispettando la sicurezza. Non abbiamo mai condiviso l’idea di premialità per chi rispetta le norme, ma va punito chi non le rispetta. Ecco perché quando si parla di quantità escavabili sostenibili crediamo che questi siano i parametri, altrimenti dove sta la sostenibilità. Il giusto equilibrio tra ambiente e lavoro, la dura sfida che ci troviamo davanti di non facile gestione, tra interessi diversi e spesso conflittuali. Noi crediamo che se si tutela il lavoro riducendo i carichi di lavoro a dipendente si possa favorire l’occupazione, se si interviene sulle violazioni dell’orario di lavoro e sul rispetto delle norme sulla sicurezza, chiedendo qualcosa in più alle imprese, si ridimensiona l’escavazione. Inoltre sono necessari tempi certi sulle verifiche e le eventuali sospensioni in caso di presunte violazioni. Non possono rimetterci i lavoratori. Col rischio che loro stessi diventino oggetto di strumentalizzazione, è chiaro che sul rischio di perdere il lavoro la sensibilità è forte, per questo abbiamo chiesto che, in casi di stop dell’attività per accertamenti o irregolarità ,si possa definire un fondo finanziato con parte della tassa marmi a sostegno dei lavoratori. Chiaramente questa non può essere la soluzione, è una pezza. Vorremmo capire se ci sono le possibilità di rivedere le quantità escavabili individuate e il limite del 30% degli ornamentali. Dalla Regione abbiamo sempre riscontrato apertura e disponibilità: il nostro obiettivo, con l’idea di filiera e produzione in loco, con la necessità di favorire e promuovere prodotti locali, è creare posti di lavoro non perderli, è la sfida di tutti”.