Gildo dei Fantardi, quel piccolo Eroe buffo che difende la memoria

Il ritratto del cantastorie dalla penna di Luciano Luciani
Sarà perché nella vita vera porta il mio stesso nome… O perché siamo nati nello stesso anno del secolo scorso, ancora prima di quelli “poveri ma belli”, per chi c’era soprattutto poveri e tanfosi di immediato dopoguerra… O per quell’aria da Puffo naufrago che non smette mai di asciugarsi… Per questi e parecchi altri motivi io a Gildo (nato Luciano Filippi) gli voglio proprio bene!
Di sicuro perché, almeno per quanto mi riguarda in quest’ultimo quarto di secolo, con la chitarra e con la voce – sempre più spesso roca, “sporca”, affaticata – il Fantardi, per dirla alla maniera dei colti, è riuscito nell’impresa di dare anima, vita e spessore di umanità a un mondo che anch’io mi porto dentro da sempre e al quale, altrimenti, non avrei saputo dare espressione: quello degli anonimi protagonisti della canzone popolare che nasce tra la gente, non frequenta nessun festival e nessuna hit parade, circola per forza interiore e serve a esprimere, in maniera diretta e senza mediazioni, un amore, una rabbia, una protesta, una preghiera… Poi ripiega, per tornare più là e più tardi. Riappare altrimenti intonata, diversamente rimodulata, magari con parole differenti adattate a occasioni e contesti diversi: sono le canzoni che nascono sui luoghi di lavoro, nell’emigrazione, nelle carceri, nelle trincee della Grande Guerra (a proposito: sempre emotivamente forte l’interpretazione del musico lucchese di Gorizia, un classico della canzone antimilitarista)…
Sono i canti sociali e quelli politici, dal Risorgimento alla Resistenza, al Sessantotto. Un patrimonio culturale immenso e a tutt’oggi poco studiato: ne conosce assai e assai, Gildo, di questi canti semplici, spontanei, e quelli di cui non è al corrente sa dove andarli a cercare, musica e parole. Bardo, cantastorie, menestrello e, se del caso, giullare, ma sempre, comunque, interprete appassionato del canto popolare, a Lucca e più in generale in Toscana, Gildo ha svolto nel tempo un’importante funzione: contrastare quella smemoratezza che sempre più minacciosa incombe non solo sul mondo di ieri – che appunto perché di ieri non esiste più – ma addirittura sulla sua memoria, della quale si colgono ancora, ma a fatica, rare tracce, segnali intermittenti e contraddittori, lontani sentori. Invece, meno male che Gildo c’è e che, magari un po’ acciaccato, continua a lottare insieme a noi. Si batte con le armi che gli sono più proprie e congeniali: la chitarra, la voce e un repertorio vastissimo di armonie semplici, talora elementari, lungo le quali si distribuiscono testi carichi di passioni immediate, rabbie nate da ingiustizie secolari, amori a volte felici ma più spesso dolenti, richieste perentorie di libertà e giustizia ai potenti di sempre. Piccole eroe buffo, Gildo dei Fantardi riesce, nonostante un tempo tutto schiacciato sul presente, a contrastare l’oblio, la smemoratezza e la maledizione degli uomini di ogni tempo e paese: dimenticare sempre le lezioni della Storia, soprattutto se severe.