
Il centro espositivo Studio 11 di Pietrasanta, in piazza Stazione, ospita da venerdì (4 agosto) – vernissage alle 19 – la mostra personale di Piero Mosti a cura di Mauro Daniele Lucchesi e organizzata in collaborazione con l’associazione Quattro Coronati. Mosti è sicuramente uno degli artisti più ermetici, più intimi dell’arte italiana, è un pittore che da sempre ha identificato la propria vita con i dipinti in una ricerca continua arrivando ad una pittura carica di simbolismo nella quale l’uomo, inteso come figura, non ha più ragione di esservi rappresentato perché tutto nelle sue opere è riconducibile all’uomo, al trascorrere della vita, del tempo. in questo suo cammino i suoi compagni di viaggio sono stati la luce e il colore. Nella sua pittura manca completamente l’aspetto chiassoso e ridanciano, vi è una sorta di atmosfera vellutata, sottesa nascosta, i cui sentimenti vengono sempre rilevati in sordina, il ricordo personale di ognuno di noi ne è il grimaldello, una pittura in cui solo una lunga frequenza con le immagini può rivelarne l’intensità psicologica.
Non è un pittore da colpo d’occhio, è uno dei pittori più arcani e più introversi nel panorama artistico, molti critici hanno messo in relazione la sua pittura con l’opera di Marcel Proust. “Le immagini di Piero Mosti – spiega Mauro Daniele Lucchesi – sono come immagini della memoria che risorgono attraverso la luce, le sue opere hanno una immobilità e una vita silenziosa a cuì l’artista è arrivato dopo una lunga introspezione alla quale non può sottrarsi lo spettatore se vuole essere partecipare della pittura di Piero, questo legame, tra artista e colui che osserva, è il grande miracolo della sua pittura. La sua pittura – prosegue – è una forma di intimismo che coinvolge l’osservatore che riguarda non solo le immagini ma anche la nostra capacità di lettura delle immagini stesse”.
I suoi ultimi lavori, privi di tracce antropiche, trasmettono il grande vuoto del silenzio, coltivano, con cura, una dimensione concettuale, che sembra non cedere all’istintività, e che affida al colore l’elaborazione delle sensazioni. Si tratta di visioni inverosimili, che acquistano un radicamento nel reale attraverso pennellate intrise di luce, estranee a qualsiasi immaginario e pure così cariche di ricordi, di arche. In questi scenari della solitudine impastata di salmastro, compare però il forte senso distintivo di un territorio domestico immediatamente rintracciabile nelle case simili a preziosi scrigni che contengo gelosamente, segretamente, il fluire della vita, luoghi quasi mistificati di un tempo che non esiste più. In questo senso, Mosti recupera una personale tradizione “paesaggistica” a lungo frequentata e ora sempre più declinata nella materiale liquidità dei ricordi. Questi ultimi “paesaggi”, ben diversi dai più definiti e oleografici paesaggi, trasmettono, in tali scenari, il senso di appartenenza ad una memoria molto forte in grado di fornire un ancoraggio davanti ad un orizzonte reso ignoto dalle cromie scure degli stati d’animo dispersi nel tempo ignoto, rappresentano il modo migliore per sconfiggere l’incognita della vita. La mostra ad ingresso libero, rimarrà aperta fino al 20 agosto dal mercoledì alla domenica dalle 16 alle 23. Info: 328837542.