Alla ricerca delle radici con lo yoga foto

Lo yoga mi ha aiutato a divenire consapevole di me stessa in un modo che, mentre facevo i primi passi in questo cammino, non credevo assolutamente probabile. Una delle scoperte più importanti è stata quella che mi ha fatto capire di non avere radici e di non vedere questo come un limite, ma anzi di essere fiera di questo sentirmi aerea, fantasiosa, creativa, un po’ artista. Ho faticato non poco a comprendere la necessità di radicarmi nella terra, di provare il bisogno di abbandonarmi alla forza di gravità per trovare stabilità e fermezza; ed è stata una pratica ben finalizzata che mi ha portato ad apprezzare come la terra, salda ed irremovibile, mi tenesse e mi contenesse, dandomi sicurezza ed equilibrio, mi aiutasse a trovare centralità ed a recuperare, nel loro spontaneo riaffiorare, sensazioni sopite nella profondità del mio essere.

Quando ho iniziato ad insegnare non è stato difficile scoprire persone con caratteristiche simili alle mie, che non avevano un centro, che non si curavano di cercare una stabilità (tale che partendo dalla fisicità raggiungesse la mente), un luogo dove tornare quando le difficoltà o i casi della vita le attiravano in vortici imprevisti. È stata mia cura, dunque, indirizzare la pratica verso questo obiettivo: mettere radici, avere i piedi per terra, potersi raddrizzare e spingersi verso l’alto forti di questa base salda e stabile. Ed è questo che intendo proporvi oggi chiedendovi di concentrare l’attenzione in muladhara, il primo chakra, il chakra della radice che ha come elemento la terra (per approfondire la conoscenza dei chakra, vedil’articolo apparso in questa rubrica l’ottobre scorso). Lo yoga è una via pratica, uno stato che si può raggiungere solo attraverso l’esperienza diretta, quindi verifica cosa accade in te portando nella tua vita quotidiana, con pazienza e continuità, una sequenza che è dedicata ai vari aspetti della terra.
Trova un luogo appartato in cui niente e nessuno possa disturbarti e poniti in una posizione seduta che puoi mantenere nell’immobilità e nel silenzio in modo da allontanarti da tutto il movimento ed il rumore esterno. Concentrati sull’ascolto del respiro e noterai che in breve tempo diventerà calmo e regolare, e poco alla volta potrai renderlo più lento e profondo e farlo scendere nel bacino e nella zona sacrale. Visualizza le tue radici che scendono giù e si afferrano alla terra.
– Il corpo rimane fermo e solo la testa viene mossa dal respiro nel gesto di Brahma, Brahma mudra (Brahma è il signore dell’inizio e la divinità tutelare del primo chakra). Espirando la testa ruota sul proprio asse ed il profilo va verso sinistra e poi riportati al centro con l’inspirazione e lascia che tutto si ripeta sull’altro lato.
– Quindi disponiti a quattro zampe nella posizione di Sarduli, la mitica madre di tutte le tigri, simbolo di forza ed agilità, e, mantenendo i quattro sostegni immobili e forti, fai sì che l’inspirazione ti faccia inarcare pian piano verso il cielo e l’espirazione ti incurvi verso la terra. Il bacino sarà sempre il primo a muoversi e la testa l’ultima. Poco per volta questo gesto, questo mudra, renderà flessibile la colonna vertebrale alleviando il mal di schiena, aumenterà la normale capacità respiratoria e diffonderà una vibrazione che stimolerà tutti i chakra.
– Rimani a quattro zampe e rientra le dita dei piedi e, mentre con l’inspirazione continui ad inarcarti, espirando solleva il bacino e portalo verso l’alto e all’indietro spostando i talloni verso terra con Svana mudra, il gesto del cane. Distenderai così tutta la tua zona d’ombra, la parte posteriore del corpo ed allungherai la colonna. È molto utile in caso di scoliosi o cifosi perché riallinea la spina dorsale e rafforza la schiena. Tonifica anche i muscoli delle braccia e delle gambe.
Spostati in piedi e mantieni i due piedi vicini (o per lo meno gli alluci) in modo che diventino un’unica base d’appoggio che si adagia bene a terra mentre il resto del corpo è immerso nell’aria. Le gambe sono unite intanto che, inspirando, le braccia si tendono e si allontanano un poco dal corpo finché non sentirai di essere una montagna: Tada asana. Mantieni la forma con respiri calmi e regolari e senti il respiro salire su da un punto al centro di quella base ed arrivare al vertice del capo, la vetta della montagna; con l’espirazione scendi giù verso terra. Tada asana insegna l’equilibrio e rafforza il sistema nervoso centrale.
Lascia che si crei uno spazio tra i tuoi piedi che sia più o meno pari alla misura del bacino ed inspirando stendi le braccia in avanti, poi, espirando fletti le ginocchia, i gomiti e le mani sui polsi: emerge così, attraverso di te, Jambavat asana. Jambavat è l’orso, grande simbolo di resistenza perché ha fatto il giro del mondo per ventuno volte alla ricerca delle erbe con cui preparare la bevanda che assicura agli dei l’immortalità, l’amrita. Senti una bella forza nelle tue gambe e perfeziona la forma spingendo il coccige verso il basso e un poco in avanti distendendo la zona lombare ed allungando la colonna. È un’asana che rafforza il corpo e la mente e fa sentire la forza della terra; è attivato il primo chakra mentre sono stimolati Manipura ed Ajna.
Dakini asana ti porta ad aumentare di poco lo spazio tra i piedi; ruota la punta del piede sinistro verso l’esterno e fletti il ginocchio. Bilancia il peso del corpo fra le due gambe, una diritta ed una flessa ed avverti la presenza di una base stabile; allora chiudi con forza i pugni e solleva il braccio sinistro portandolo parallelo a terra. Espirando sciogli il pugno e distendi le dita mantenendo il palmo verso il basso e intento fai scendere lateralmente la testa in modo che l’orecchio sinistro vada verso la spalla. L’altra mano libera anch’essa il pugno e forma Jnana Mudra, il gesto della conoscenza. Poi ripeti la forma sull’altro lato. Dakini rappresenta una potenza femminile selvaggia ed incolta come la terra su cui poggia. È adatto alle persone fragili, sia maschi che femmine, che trarranno beneficio dall’attivazione del primo chakra.
Torna ad avvicinare i piedi e preparati a diventare un albero con Vrksha asana: sposta il peso del corpo sul piede destro e fai sì che questo piede si radichi a terra e tutta la gamba ti sostenga senza irrigidirsi; fletti la gamba sinistra, afferra la caviglia e porta il tallone al perineo premendo la pianta del piede contro l’interno della coscia destra, oppure sull’interno del ginocchio o del malleolo. Con l’inspirazione successiva apri le braccia ed espirando unisci le mani davanti al cuore e poi, mantenendole unite, sollevale oltre la testa ed espirando falle scendere fino a sfiorare la testa con i polsi. Senti il respiro aprirsi spazio in basso e poi espandersi nella parte alta. Per lasciare la forma fai un’inspirazione più ampia mentre le braccia vanno ad aprirsi verso l’alto ed espirando falle scendere lateralmente e riporta giù il piede. Poi tutto si ripete sull’altro lato. È una posizione che sviluppa il senso dell’equilibrio, massaggia il cuore e tonifica l’apparato nervoso.
Perché si formi una nuova asana divarica ora le tue gambe circa il doppio della misura delle spalle e ruota i piedi sui talloni portando le punte verso l’esterno. Inspirando stringi con forza i pugni, tendi i muscoli delle braccia ed allungati con vigore verso l’alto, poi espirando piega le ginocchia facendo in modo che le cosce diventino parallele a terra, fletti i gomiti ed aprili lateralmente e fai scendere gli avambracci avvicinando i pugni alla parte centrale delle cosce. A seconda della lunghezza delle braccia i pugni si poseranno sulle cosce o ne resteranno vicini, non ha importanza; l’importante è che il busto rimanga diritto e la colonna perpendicolare al suolo. Questa è la posizione di Shanjana, che simboleggia la trionfante, colei che è capace di superare ogni ostacolo, colei che si nutre della forza della terra per vincere le battaglie della vita.
Virabhadra asana ti porta a sentire un’energia totalmente maschile, tanto quanto quella di Dakini era completamente femminile. Aumenta ancora la distanza tra i tuoi piedi e percepisci quel grande triangolo col vertice verso l’alto che ti sta sostenendo. I piedi sono radicati a terra e le gambe forti quando un’inspirazione solleva le tue braccia su un’unica linea parallela al suolo e sposta la punta del piede sinistro all’esterno; espirando fletti il ginocchio sinistro (mantenendo la gamba destra ben tesa) e ruota la testa verso questo lato. Virabhadra è un guerriero e la sua forma si completa quando inspirando apri le braccia lateralmente e poi le sollevi unendo i palmi delle mani ed intrecciando i pollici: mentre le dita puntano al cielo, rimani oltremodo ancorato alla terra da cui ricevi energia ed espirando inarca all’indietro il collo e volgi il volto in alto. I gesti che hanno costruito la forma sono quelli che ti portano a scioglierla per poterla ripetere sull’altro lato. È un’asana che fa sentire la propria centratura, l’equilibrio interiore e la forza.
Gradatamente scendi a terra e ti sdrai in posizione supina con le mani poggiate sull’addome perché prenda forma Bhogavati asana. Accavalla le gambe portando la destra sopra la sinistra con le ginocchia un poco flesse in modo che il piede destro possa passare sotto il polpaccio sinistro. Espirando profondamente fai scendere il ginocchio destro verso sinistra e verso terra; senti l’addome scivolare sotto le mani che rimangono appoggiate morbidamente sopra l’addome, mentre i gomiti sono a terra ed anche le spalle restano ferme al suolo e la testa poggia sul centro della nuca. Una respirazione, lenta e profonda, accompagna l’asana scendendo verso la base. Dopo un ritorno guidato dal respiro, ripeti l’asana sull’altro lato con gli stessi tempi. Bhogavati è la dea serpente, grande simbolo di trasformazione, che sta a simboleggiare la Kundalini addormentata e arrotolata su se stessa che giace nel Chakra Muladhara. – Segue un Rilassamento completo nel quale puoi lasciarti guidare da uno di quelli apparsi negli articoli precedenti.
Quando torni a sederti in una posizione comoda e stabile, dedicati all’ascolto del respiro per sentire dove si muove spontaneamente e poi inizia a renderlo più lento e più lungo fino a trasformarlo in Chatuskona pranayama: conta i tempi dell’inspirazione e dell’espirazione e fai in modo che abbiano la stessa lunghezza, poi gradualmente comincia ad inserire una breve pausa a polmoni pieni ed una a polmoni vuoti e fai sì che il corpo le accolga senza fatica e quindi comincia ad allungare le pause e ad accorciare le due fasi portanti finché non raggiungerai quattro fasi della stessa durata. Allora entra in quel ritmo, evitando accuratamente di affaticarti (possono essere fasi brevi, non volerle allungare troppo!) e rimani nel respiro quadrato per qualche minuto (aumentando i tempi di giorno in giorno) e quindi fermati ad ascoltare. È un respiro che aiuta chi tende a disperdere la propria energia e dà stabilità, regolarizza la pressione arteriosa e genera equilibrio interiore.

Patrizia Martinelli
insegnante yoga ratna

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