Da Cristo ai “poveri cristi”. Ai Rassicurati lo spettacolo del Teatro Metropopolare

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Dalla storia di Cristo a quella di tanti “poveri cristi”. Prendendo spunto dalla Via Crucis, lungi da ogni blasfemia, ma al contempo distante dalla celebrazione dell’elemento liturgico, di questo tratta Ivi ci sta lo fegato. Racconto per simulacri ed organi interni, in scena questa sera (4 aprile) alle 21,15 al Teatro dei Rassicurati di Montecarlo: della sofferenza umana in tutte le sue molteplici declinazioni. Lo spettacolo, diretto da Livia Gionfrida, nasce da un progetto del collettivo Teatro Metropopolare, gruppo teatrale formato da artisti provenienti da diversi campi – musica, cinema, teatro, arti visive – che già nel nome esprime la propria dichiarazione di intenti.

“Teatro Metropopolare nasce al Dams di Bologna – racconta Livia Gionfrida – e Metropop è stato il mio primo spettacolo come regista. E’ un nome che ho voluto recuperare, perché al suo interno ha le due radici che ci contraddistinguono, quella della cultura popolare, e quindi tradizionale, e quella metropolitana di avanguardia”. Alla Via Crucis il gruppo è arrivato partendo dai dipinti di uno dei membri, Nicola Console, raffiguranti temi e momenti della Passione di Cristo. Da qui l’ispirazione che poi ha dato vita ad una drammaturgia collettiva. “I dipinti di Nicola – spiega la regista – sono stati l’elemento di partenza per riflettere sulla sofferenza umana, che abbiamo trattato con leggerezza e ironia senza mai cadere nella superficialità. Ci interessava inoltre l’elemento teatrale insito alla Via Crucis stessa, che abbiamo rielaborato in chiave tragicomica”. In scena, cinque performer che devono allestire la rappresentazione della passione di Cristo. Evidenti gli intenti metateatrali, confermati dalla voce fuoriscena di un regista che impartisce gli ordini. “Gli attori abitano le pitture di Nicola – racconta la regista – e le scenografie, i costumi e i pupazzi che nascono dalla sua arte e che catapultano i protagonisti all’interno del dipinto stesso”. Ma lo studio del collettivo sulla sofferenza ha radici ancora più profonde e trae spunto da alcune interviste raccolte all’interno del penitenziario maschile di Prato La Dogaia, residenza artistica del Teatro Metropopolare. “Nel primo studio presentato al Teatro Magnolfi di Prato – spiega Gionfrida – lo spettacolo iniziava proprio con le interviste ai detenuti e gli spettatori per prima cosa sentivano le loro voci. Ora quelle testimonianze sono state assorbite nella drammaturgia”. Il lavoro del Teatro Metropopolare con i detenuti è una delle cifre distintive del collettivo, che alla Dogaia si occupa di formazione teatrale attraverso laboratori e collaborazioni di prestigio. Tra le più recenti, quelle con il Teatro Metastasio e gli attori Roberto Latini e Fausto Russo Alesi. “Finora abbiamo messo in scena insieme ai detenuti, che collaborano con noi non solo in veste di attori – aggiunge Gionfrida -, Amleto e Macbeth e il 23 maggio ci sarà Otello, per la prima volta in un carcere di sera. Le prenotazioni per i biglietti andranno fatte entro il 27 aprile, per permettere la registrazione degli spettatori e quindi l’accesso al penitenziario”. Disciplina e duro training fisico sono solo alcuni dei metodi del collettivo Metropopolare per avvicinare le persone, fuori e dentro al carcere, al teatro. “Non facciamo differenze tra detenuti e non – afferma la regista -, noi non facciamo teatro sociale, il nostro è un approccio rigoroso, di ricerca teatrale, estremamente fisico. Si tratta del metodo migliore per trovare la bellezza. E chissà, forse anche l’espiazione”.

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